“CHIAMATEMI GIUSEPPE” è un bellissimo viaggio alla riscoperta delle virtù semplici e straordinarie di padre Giuseppe Ambrosoli che ha preso vita in un libro a lui dedicato, in occasione del 30° anniversario della sua morte e in quello dei 60 anni dalla nascita dell’Ospedale di Kalongo da lui fondato.
Con la prefazione del Card. Gianfranco Ravasi e la premessa del direttore del quotidiano La Repubblica Mario Calabresi, “Chiamatemi Giuseppe. Padre Ambrosoli, medico e missionario” è un libro ricco di storie appassionanti e di testimonianze di chi nella vita ha incontrato padre Giuseppe e da allora non l’ha più dimenticato; scorre e avvince, grazie allo stile di Elisabetta Soglio, che con Giovanna Ambrosoli, ripercorre la vita coraggiosa di padre Giuseppe Ambrosoli, medico e missionario comboniano al servizio degli ultimi nella travagliata Uganda.
Questa storia di dedizione al prossimo prosegue dopo la morte di padre Giuseppe grazie all’opera della Fondazione voluta nel 1998 dalla famiglia Ambrosoli e dai missionari comboniani.
Puoi acquistare Il libro “Chiamatemi Giuseppe” contattando la Fondazione Dr. Ambrosoli Memorial Hospital o presso tutte le librerie San Paolo e le librerie Paoline.
Con l’acquisto del volume sosterrai l’Ospedale e la Scuola di ostetricia di Padre Giuseppe a Kalongo, in nord Uganda.
Un viaggio attraverso l’Italia ma non solo, per presentare il libro “Chiamatemi Giuseppe”.
Verona ultima tappa, ma siamo stati Torino, Brescia, Milano, Cernobbio, Varese, Como, Bologna, Vedano Olona. Un’occasione per condividere e stimolare momenti di riflessioni su temi di forte attualità come il diritto alla salute, la fratellanza, l’empowerment femminile partendo dai valori e dalla vita di padre Giuseppe.
“Mi chiamo Agnes, ho 22 anni e vengo da Pamol, un villaggio a circa 9 km dall’ospedale. Ho avuto 7 aborti e per questo ho chiamato la mia piccola Aloyo, che significa ‘colei che sopravvive’. Aloyo è il mio piccolo miracolo. E’ nata alla 28° settimana di gestazione, pesa solo 800 grammi e ha una malformazione al cranio che richiederà un intervento chirurgico presso il centro specializzato di Mbale. Insieme con forza e tenacia e amore stiamo affrontando tutto.
Dopo due mesi di ricovero finalmente domani torno a casa con la mia piccola Aloyo anche se solo temporaneamente … so che dovrò tornare in ospedale per controlli e poi per l’intervento. Qui mi sono sentita accolta, accudita e soprattutto considerata. Mi hanno fatto sentire una persona per la prima volta perché anche la mia bambina è stata considerata tale e tutti si sono prodigati per lei perché merita ogni sforzo per essere salvata e vivere una vita normale. Ho imparato le norme igieniche di base, lavarmi le mani prima di allattare e cambiare la piccola … Quando mi chiedono che futuro mi auguro, guardo mia figlia e dico ‘an healthy life’.” lo dice sorridendo e credendoci
Agnes
Ogni anno nel mondo più di 15 milioni di bambini nascono prematuri. Più di un bambino su 10. Ad oggi rappresenta la prima causa di morte sotto i 5 anni di età e le differenze tra il nord e il sud del mondo in termini di sopravvivenza rimangono importanti. Nove degli undici paesi con un tasso di parti prematuri superiore al 15% si trovano nell’Africa sub-sahariana. Nelle aree a basse risorse, come l’Uganda, più della metà dei bambini nati prima del termine muore per mancanza di adeguata assistenza.
A parte le gravi patologie che possono colpire i bambini prematuri, questi necessitano di cure di base semplici ma vitali: essere scaldati, essere nutriti adeguatamente, essere protetti dalle infezioni. Garantire questa semplice assistenza (care) significa salvare la vita a migliaia di bambini ogni giorno.
Molto spesso queste condizioni non sono garantite neppure all’interno degli ospedali, specie in quelli rurali. Ogni struttura sanitaria dovrebbe assicurare innanzitutto la care del neonato, oltre ad un livello di assistenza medica adeguato. Pratiche a basso costo come la tecnica canguro, che prevede il contatto pelle a pelle tra madre e neonato, o la prevenzione delle infezioni attraverso accurate misure igieniche e l’utilizzo di antibiotici, garantirebbero a molti neonati prematuri di sopravvivere.
Informare ed istruire le madri sulle appropriate modalità di accudimento del neonato, sui segnali di allarme, rappresenta l’obiettivo prioritario per ridurre la mortalità neonatale. A Kalongo stanno già arrivando le prime pioggie: le donne zappano i campi, accudiscono famiglie numerose, trasportano legna e taniche d’acqua. Tutte le donne, anche quelle in gravidanza. Ed i parti prematuri, inevitabilmente, aumentano. Qui al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital siamo accanto alle future mamme per formarle, istruirle e accompagnarle in questo percorso importante di vita.
Martina Mandolesi, specializzanda in pediatria di Idea Onlus, in questi mesi in missione a Kalongo
“C’è una cosa qui a Kalongo che mi turba. Il “cough corner”: l’angolo della tosse. Un piccolo compound, un’area d’isolamento dove sono ricoverati i pazienti affetti da tubercolosi in fase attiva. All’interno cinque letti, fuori i bagni dedicati e un piccolo spazio recintato, dove si può stare all’aria aperta con i compagni di stanza. Non proprio uno spazio confortevole, ma le risorse qui sono quelle che sono.
E’ qui che ogni giorno vedo lui, Joshua. Un bambino di circa nove anni, dagli occhi grandi e intensi. Non so da quanto sia in ospedale, non so quale sia la sua storia, forse è qui con un familiare.
Il suo è stato uno dei primi volti in cui mi sono imbattuta al mio arrivo a Kalongo. Ed è il suo sguardo quello che incrocio la mattina andando al lavoro. Mai un sorriso, mai una parola. Qualche volta un cenno della mano per salutarci. Mi chiedo cosa desiderino raccontare quegli occhi, quali sogni racchiudano. Occhi simili a quelli di un adulto disilluso, ma che io vedo sul volto di un bambino, ogni giorno”.
Martina Mandolesi, specializzanda in pediatria di Idea Onlus, in questi mesi in missione a Kalongo
“Note di Gioia”, con questo richiamo si è aperto il tradizionale appuntamento natalizio con il concerto a favore del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo, promosso e organizzato dalla Fondazione Dr. Ambrosoli. Quest’anno le “Note di gioia” del coro di Elikya hanno allietato il pubblico, grazie ad un coro che accoglie persone provenienti da diversi Paesi del mondo, dall’Italia al Congo, dall’Uganda alla Costa d’Avorio, dalla Colombia alla Russia, per offrire un'opportunità di scambio e crescita personale attraverso attività di educazione interculturale.
Il coro Elikya ha eseguito un programma molto vario, con canti della tradizione natalizia, canti sacri e canti religiosi cristiani provenienti dal Congo, Cameroun, Cile, Ecuador e Italia, che ben rappresentano la bellezza delle diversità.
L’appuntamento annuale di Fondazione Ambrosoli, un’occasione per incontrare sostenitori e amici e condividere i risultati e gli obiettivi che ogni giorno si portano avanti, grazie al sostegno di quanti credono in questo progetto e nei valori che padre Giuseppe Ambrosoli ci ha lasciato.
Nel 2017 sono state celebrate due ricorrenze significative: i 30 anni dalla morte di padre Giuseppe e i 60 anni di attività dell’ospedale di Kalongo. Un connubio importante perché significa che la morte in Uganda di padre Giuseppe in seguito all’epilogo drammatico dell’evacuazione e della chiusura dell’Ospedale e della Scuola, non ha segnato la parola “fine” a questa storia.
Due ospiti speciali ci hanno accompagnato in questo racconto, donandoci il loro contributo professionale: Lica Colò conduttrice televisiva ma anche donna appassionata e sostenitrice di chi come padre Giuseppe si spende per gli ultimi. Giovanni Crippa attore teatrale che ha lavorato con i più grandi registi italiani e attualmente anche coordinatore didattico della Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Una serata indimenticabile che segna sempre un nuovo inizio.
Appuntamento alla prossima edizione il 24 ottobre 2018.
I piccolissimi s’incuriosiscono e mi corrono in braccio per tirarmi la barba e i capelli, qualcuno tra i più grandi ancora si spaventa della pelle bianca e allora lo faccio visitare dal dr. Maurice, abbastanza nero da non destare preoccupazioni!
Ho sempre pensato che la pediatria è bella perché la grande maggioranza dei bambini guarisce e torna presto a ridere e a giocare. Questo è vero in Italia ma anche nel cuore dell’Africa, a Kalongo, perché la gran parte di loro torna davvero a sorridere felice. Però qui, rispetto a qualunque paese occidentale, le percentuali di morbilità, di mortalità o di esiti gravi a distanza, sono ancora molto, troppo alte.
Confesso la grande sofferenza di fronte a quei casi, davvero numerosi, di bambini che potrebbero essere curati se solo ci fossero le risorse economiche.
Mi riferisco alle cardiopatie congenite, a vari problemi ortopedici che si tramutano in disabilità gravi, all’idrocefalo, alle nefropatie, a tante malattie ematologiche.
Di fronte a questa realtà il pensiero va spesso a padre Giuseppe e a tutti quelli che hanno sostenuto quest’opera, a padre Egidio e agli altri padri e suore comboniani, alle suore africane, ai numerosi volontari che non si sono arresi mai, che hanno affrontato momenti difficilissimi, che hanno messo a repentaglio la loro vita, o che l’hanno donata, come padre Giuseppe, contribuendo a lasciare una realtà migliore. E non mi riferisco solo a migliori possibilità di cure per alleviare le sofferenze delle persone, soprattutto agli ideali e alla fede che hanno trasmesso queste persone a chi ha avuto la fortuna di incontrarle.
Per questo ai bambini di Kalongo auguro di trovare un’assistenza sanitaria sempre più adeguata, com’è diritto di ogni bambino nel mondo, ma soprattutto, auguro loro di sapere raccogliere questa grande eredità di amore e di solidarietà per costruire un Uganda migliore e un mondo più giusto. Sono certo che sapranno farlo!
Da inizio ottobre 2017 il Dr. Tito Squillaci si trova in missione a Kalongo, accompagnato dalla moglie Nunziella, per condurre un intenso programma di formazione del personale locale del reparto di pediatria e per avviare il nuovo reparto di neonatologia dell’ospedale. Già dirigente medico del reparto di pediatria dell’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, il Dr. Squillaci sin dalla specializzazione in pediatria ha partecipato a numerose missioni di cooperazione allo sviluppo in Sierra Leone, Malawi e anche in Uganda a Kalongo, dove lavorò da gennaio 1983 ad aprile 1985, proprio accanto a Padre Giuseppe.
Rispetto alla mia prima esperienza l’Uganda è molto cambiato, Kalongo è oggi un villaggio vivace e offre servizi impensabili trent’anni fa: c’è la corrente elettrica, ci sono negozietti, ristorantini, uno sportello bancario, un buon numero di scuole. Anche sul piano epidemiologico ho notato cambiamenti importanti, per esempio le epidemie di morbillo che mietevano decine di vittime tra i bambini; ricordo che allora ne morivano anche 2-3 ogni notte!
Tutto questo è segno di progresso igienico-sanitario e di conseguenza di sviluppo sociale; grazie alla diffusione delle latrine, il miglioramento della qualità dell’acqua, le vaccinazioni, la sensibilizzazione e la scolarizzazione. Purtroppo, però, la battaglia vera, quella contro la povertà non è per nulla vinta e c’è sempre tanta miseria, spesso estrema. Il ruolo degli ospedali missionari come l’ospedale di Kalongo, resta cruciale, specie per i più poveri. L’Uganda oggi offre discrete possibilità di cura per varie patologie, anche gravi, ma il costo è assolutamente proibitivo per la gente comune. Per questo dico che qui, spesso, il vero nome della malattia non è idrocefalo, o insufficienza renale, ma è semplicemente “povertà”.
L’ospedale di Kalongo è oggi un ospedale gestito da personale africano: in questo vedo realizzata l’idea-guida di padre Ambrosoli, che fin dalle origini, prima ancora di cercare medici in Italia, ha pensato alla formazione di personale locale, fondando la scuola ostetriche, che ancora oggi qualifica decine di giovani ogni anno. Certamente non è sempre facile, ma siamo qui per camminare insieme a questa comunità e per sostenerla.
Da inizio ottobre 2017 il Dr. Tito Squillaci si trova in missione a Kalongo, accompagnato dalla moglie Nunziella, per condurre un intenso programma di formazione del personale locale del reparto di pediatria e per avviare il nuovo reparto di neonatologia dell’ospedale. Già dirigente medico del reparto di pediatria dell’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, il Dr. Squillaci sin dalla specializzazione in pediatria ha partecipato a numerose missioni di cooperazione allo sviluppo in Sierra Leone, Malawi e anche in Uganda a Kalongo, dove lavorò da gennaio 1983 ad aprile 1985, proprio accanto a Padre Giuseppe.