Dal timore alla gioia

Ho incontrato Lilly il primo giorno in cui sono arrivata in NICU, la terapia intensiva neonatale. Ha solo ventiquattro anni, due bambini a casa e un terzo nato da poche settimane. Era arrivata a Kalongo in condizioni disperate: con convulsioni continue causate da una forma grave di preeclampsia che le aveva alzato tantissimo la pressione. L’hanno portata subito in sala operatoria per un taglio cesareo d’urgenza.

Il suo bambino è nato a 26 settimane, di appena 800 grammi. È stato trasferito subito in NICU, mentre Lilly è rimasta in terapia subintensiva per oltre una settimana a causa delle convulsioni continue.

Quando finalmente ha potuto raggiungerlo era molto spaventata. Non lo toccava, non lo nutriva, non trovava il coraggio di avvicinarsi. Aveva paura che potesse morire da un momento all’altro. A prendersi cura di lui sono state le ostetriche, competenti, attente, premurose.

Poi lentamente il bambino ha iniziato a prendere peso, Lilly ha cominciato a prenderlo in braccio. Ora è una mamma amorevole e attenta: gli offre il seno, lo lava, si prende cura di lui seguendo tutte le indicazioni. Oggi il piccolo pesa un chilo e 450 grammi. Se tutto va bene, tra pochi giorni potranno andare a casa.

Cosa sarebbe stato di loro senza le cure che hanno ricevuto qui? Senza la prontezza, la competenza e lo spirito d’iniziativa di queste ostetriche capaci di lavorare con pochissimi strumenti senza lasciarsi scoraggiare mai?

(Sara Gianola, ostetrica volontaria UniMib, novembre 2025)

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