Dentro gli occhi di un bambino

“C’è una cosa qui a Kalongo che mi turba. Il “cough corner”: l’angolo della tosse. Un piccolo compound, un’area d’isolamento dove sono ricoverati i pazienti affetti da tubercolosi in fase attiva. All’interno cinque letti, fuori i bagni dedicati e un piccolo spazio recintato, dove si può stare all’aria aperta con i compagni di stanza. Non proprio uno spazio confortevole, ma le risorse qui sono quelle che sono.

E’ qui che ogni giorno vedo lui, Joshua. Un bambino di circa nove anni, dagli occhi grandi e intensi. Non so da quanto sia in ospedale, non so quale sia la sua storia, forse è qui con un familiare.

Il suo è stato uno dei primi volti in cui mi sono imbattuta al mio arrivo a Kalongo.  Ed è il suo sguardo quello che incrocio la mattina andando al lavoro. Mai un sorriso, mai una parola. Qualche volta un cenno della mano per salutarci. Mi chiedo cosa desiderino raccontare quegli occhi, quali sogni racchiudano. Occhi simili a quelli di un adulto disilluso, ma che io vedo sul volto di un bambino, ogni giorno”. 

Martina Mandolesi, specializzanda in pediatria di Idea Onlus, in questi mesi in missione a Kalongo

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