In occasione della memoria liturgica del Beato Giuseppe Ambrosoli, che si celebra il 28 luglio, vogliamo condividere le testimonianze di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e di lasciarsi ispirare dal suo straordinario esempio.
“Quello che più lo caratterizzava e dal quale derivavano tutte le altre sue doti, era la sua umiltà. Egli era sinceramente e profondamente umile, e nel rapporto con lui si percepiva chiaramente che non poneva mai se stesso prima degli altri, ma qualunque cosa facesse lo viveva come un servizio che nasceva dalla sua ricchezza interiore”
Dr Tito Squillaci, medico pediatra
“La prima persona che mi venne incontro fu padre Giuseppe, mi prese le mani, mi diede il benvenuto e mi portò le valigie in camera. Per me, un po’ rustica e asciutta, la sua gentilezza e amorevolezza mi stupirono. Capii con il tempo che il tutto non era forma ma sostanza, perché lui vedeva nell’altro (in qualunque altro) un figlio di Dio. Al suo funerale, al quale assistei, una folla immensa di gente uscita dal bush, sfidando la guerriglia e i soldati; quella folla che lui aveva curato: lebbrosi, zoppi, ciechi, bambini, donne e vecchi. La stessa folla che seguiva Gesù.”
Emilia Francesca Susani, tecnica di laboratorio
“Sono stata parte dello staff della maternità dell'ospedale di Kalongo per oltre sette anni dalla fine del 1980 fino all'evacuazione generale nel 1987. Padre Ambrosoli è stato per me un modello di vita a tutto tondo, se così si può dire. Sobrio ed esigente con sé stesso ma generoso e comprensivo verso gli altri. Disponibile 24 ore su 24 pur di alleviare sofferenze e salvare vite umane. Lavorando in maternità, spesso dovevo ricorrere a Lui anche nel corso della notte per emergenze che richiedevano immediato intervento chirurgico. Mi dispiaceva moltissimo interrompere il suo già limitato tempo di riposo ma la sua risposta era immediata e incoraggiante: Siamo qui per questo, l’importante è salvare la vita della mamma e del bambino.”
Sr. Lea Zandonella
"Nostro padre accolse l’invito di padre Giuseppe e per qualche anno trascorse un mese in Uganda, prestando la propria opera accanto a padre Giuseppe. Di lui ammirava la professionalità, l’impegno, il rispetto della dignità delle persone, la passione. Ammirava quello che era riuscito a fare a Kalongo. Non solo l’ospedale ma anche la scuola di ostetricia: il suo impegno per la formazione del personale. Non si limitava a portare aiuto dall’esterno ma voleva aiutare la popolazione locale a raggiungere l’autonomia anche in campo sanitario”
Cristina, Monica e Valentina Belloni