Presentati a Napoli i risultati dello studio RBF (Result Based Financing) Il St. Mary's Hospital Lacor e il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital: esempi virtuosi dell'impatto di RBF sulla qualità dei servizi pediatrici.
Negli ultimi decenni sono state sviluppate nuove metodologie di finanziamento per favorire gli obiettivi di aumentare il sostegno ai programmi sanitari, superando le carenze dei tradizionali meccanismi di finanziamento. Tra questi si evidenzia il Result Based Financing (RBF), un meccanismo di finanziamento che mira a migliorare la qualità delle donazioni vincolando l'erogazione dei fondi al raggiungimento e alla verifica di risultati prefissati. Il convegno, che si è tenuto lo scorso 29 ottobre nell’Aula Magna dell’Università Federico II di Napoli, organizzato in collaborazione con la Fondazione Corti e la Fondazione Ambrosoli, è stata l’occasione per presentare i risultati dello studio promosso in collaborazione con l’Università sull’efficacia del progetto RBF finanziato dall’Agenzia Italiana Cooperazione e Sviluppo e Fondazione Cariplo.
Un momento di riflessione, grazie all’intervento di autorevoli ospiti, per portare l’attenzione su una delle più importanti metodologie di supporto alla salute globale. Allo stesso tavolo i rappresentanti delle due Fondazioni, esperti in sviluppo e cooperazione globale di calibro internazionale come Nicoletta Dentico della Society of International Development ed Eduardo Missoni dell’Università Bocconi. Sono intervenuti i relatori dell’AICS Mariangela Pantaleo e Andrea Stroppiana; James Mwaka, rappresentante del Ministero della Salute ugandese, che ha sottolineato come l’Uganda creda in questo sistema di finanziamento e nella collaborazione con enti pubblici e privati di rilievo internazionale.
Il Result Based Financing, si è rilevato un motore di cambiamento per i servizi pediatrici, considerando che alLacor ogni anno vengono accolti e curati 50 mila bambini, grazie a uno dei reparti di pediatria più grandi del Nord Uganda, mentre il Dr. Ambrosoli Memorial rappresenta un presidio salvavita in un distretto in cui il 37% della popolazione ha meno di 10 anni.
Il St. Mary's Hospital Lacor (Gulu) e la Fondazione Corti hanno progettato un sistema RBF finanziato da privati principalmente basato su verifiche esterne trimestrali degli standard di qualità. Inizialmente messo a punto per finanziare le attività ambulatoriali, il sistema RBF è stato esteso ai reparti pediatrici del Lacor Hospital e introdotto per la prima volta al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo nel reparto di pediatria.
A distanza di 3 anni, questa metodologia ha mostrato un grande potenziale per migliorare la qualità dei servizi ospedalieri.
“Il sistema RBF consiste in un sostegno dato ad una struttura in funzione dei risultati di quantità e qualità che raggiunge. Oltre la metà dei progetti di supporto nei Paesi in via di sviluppo non raggiunge gli obiettivi prefissati e non trasforma la realtà locale. Valutare la qualità dei servizi offerti è invece una vera e propria rivoluzione” – afferma il professor Luigi Greco, docente di Pediatria alla Facoltà di Medicina dell’Università Federico II di Napoli e Preside associato della Facoltà di medicina dell’Università di Gulu che ha contribuito a fondare, responsabile del progetto GULUNAP della Federico II e di progetti di cooperazione con l'Uganda - “Abbiamo confrontato la qualità dell’assistenza ai bambini di due grandi ospedali del Nord dell’Uganda, il St. Mary's Hospital Lacor e il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, eseguendo un controllo trimestrale. Alla luce di questi risultati abbiamo verificato che il progetto ha prodotto per la prima volta un miglioramento significativo del 30-40% della qualità delle cure di questi grandi ospedali”,
L’analisi dei dati a partire dalle cartelle cliniche e dalle check-list RBF inviate dai due ospedali ugandesi è stata curata dal team diretto dal professor Sergio Beraldo del Dipartimento di Economia e Statistiche dell’Università di Napoli Federico II: “Dall’esame delle cartelle dei pazienti è emerso che è migliorata la qualità delle cure mediche, si è ridotta la mortalità nei bambini, i tassi di reinfezione e il tempo di permanenza in ospedale”,
Il metodo RBF consiste nell’assegnare una cifra fissa, pari a circa 15 Euro, per ogni ricovero in pediatria. Questa cifra comprende le indagini e le terapie che servono al bimbo, indipendentemente dalla durata della degenza e dal tipo di malattia. A questo si aggiunge un bonus qualità che viene attribuito in base al punteggio raggiunto verificando trimestralmente la qualità dei servizi. Il punteggio va da uno a cinque e permette di aumentare la cifra erogata all’ospedale dal 5 al 25 per cento, attribuendo così un bonus finanziario all’ospedale.
Sia al Lacor che al Dr Ambrosoli Memorial Hospital sono stati messi a punto indicatori di qualità e quantità: un elenco molto articolato con parametri monitorati ogni tre mesi da membri di un comitato qualità interno e da un referente del Ministero della Sanità ugandese.
Un approccio che è riuscito ad aggregare donatori privati e istituzionali grazie alla sicurezza che offre e al monitoraggio regolare e frequente che permette al donatore di seguire passo passo il progetto, con i suoi successi e le sue sfide. A crederci fino in fondo l’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo che, da aprile 2018, ha finanziato l’iniziativa con una cifra complessiva di 750 mila Euro.
“Al Lacor Hospital ci sono state migliorie strutturali ed è aumentata l’attenzione alla prevenzione delle infezioni, la disponibilità di farmaci, la preparazione di tutto il personale alle emergenze e la messa a punto di protocolli per le procedure cliniche e infermieristiche – ha dichiarato il dottor Venice Omona, specialista in pediatria e responsabile del reparto pediatrico del Lacor – “È migliorato il senso di responsabilità del personale rispetto alle risorse del reparto; sono tutti più attenti a ogni passaggio che riguarda la cura dei piccoli pazienti. Abbiamo messo a punto nuovi protocolli e la sfida è riuscire a seguirli al meglio. Anche il dialogo tra il personale e con i genitori dei piccoli pazienti è stato al centro del lavoro e ho notato miglioramenti nella capacità di spiegare diagnosi, indagini necessarie e terapia”.
Anche a Kalongo, dove la metodologia RBF con verifiche di qualità è stata introdotta per la prima volta con il progetto finanziato dall’AICS, il programma ha prodotto un impatto davvero notevole, come mostrano i dati elaborati dal professor Greco nello studio delle cartelle cliniche.
“La gestione clinica dei pazienti pediatrici è notevolmente migliorata dal 2016, in maniera più evidente a Kalongo. Basti osservare l’incremento di variazioni dal 2016 al 2020 per valutare i marcati cambiamenti che si sono verificati: la compilazione di una storia clinica dettagliata e l'accuratezza dell'esame del bambino sono migliorate di oltre 6 volte (=600%). Allo stesso modo, la buona gestione della sepsi è aumentata di 9 volte”, sottolinea il professor Greco
Il dott. Godfrey Smart Okot, direttore del Dr. Ambrosoli Memorial Hopistal, conferma le evidenze riscontrate dallo studio delle cartelle cliniche: “Prima dell'inizio del progetto, tre anni fa, la pratica clinica ed etica nella cura del bambino malato in ospedale era più radicata nella routine. Successivamente, l'approccio si è evoluto. Ora viene posta maggiore enfasi sullo studio del bambino malato, sulla comunicazione eloquente con l'assistente del bambino e sulla garanzia che l'ambiente di trattamento sia sufficientemente olistico (pulito, sicuro e calmo). La preparazione del progetto ha coinvolto il personale attivamente, attraverso formazioni sulle ‘best practices’ e i relativi vantaggi. Il personale si è quindi reso conto di quanto questo metodo non solo garantisce che il bambino malato guarisca, ma anche di quanto influisca positivamente sulla propria capacità professionale. Il risultato finale è che la qualità complessiva dell'assistenza è migliorata in modo significativo rispetto al periodo prima del progetto”.
Questo è risultato ancor più significativo se si pensa allo stress a cui è stato sottoposto l’ospedale di Kalongo e il reparto di pediatria per le epidemie sempre in agguato: tra 2019-2020 a causa della malaria i ricoveri totali sono cresciuti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dell’83%, il tasso di occupazione letti del 198%. Questo significa che per mesi interi i bambini ricoverati hanno superato la disponibilità di letti nel reparto ed il personale è stato costretto ad ospitare più pazienti in un letto o utilizzare spazi improvvisati per la degenza. Ha fatto poi seguiti il lungo periodo segnato dalla pandemia, dove tutto il personale di reparto è rimasto sempre operativo e pronto ad accogliere i numerosi pazienti, nonostante la paura del contagio.
“Il metodo RBF è uno strumento che aiuta a mantenere un sistema di sorveglianza e controllo sulla qualità dei servizi”, sottolinea ancora il professor Greco. “È un modello che aiuta ad evitare gli sprechi”.
Molti, dunque, i successi e tante ancora le sfide. “La più grande è che i cambiamenti indotti da questo progetto triennale diventino quotidianità”, conclude Luigi Greco.
Si ringrazia il Centro di Servizio di Ateneo per il Coordinamento di Progetti Speciali e l'Innovazione Organizzativa (COINOR) e il sostegno del Dipartimento di Economia e Statistica della Federico II.
Il finanziamento pubblico dei programmi sanitari è stato di recente caratterizzato da una crescente condizionalità nell’erogazione delle risorse. In questa tendenza tipicamente s’inscrivono i programmi di finanziamento basati sui risultati (Result Based Financing, RBF), che promettono premi, a individui o istituzioni, condizionandoli al raggiungimento degli obiettivi concordati.
Il St. Mary’s Hospital di Lacor (Gulu, Uganda) e la Fondazione Corti, dopo una prima esperienza con l’approccio RBF finanziata dal Governo inglese, hanno esteso l’adozione dei meccanismi premiali con il fine di migliorare la qualità delle cure erogate.
All’inizio previsti solo nel caso di attività ambulatoriali, grazie al contributo triennale dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), meccanismi di finanziamento basati sui risultati sono stati sperimentati anche nei reparti di pediatria del Lacor Hospital e del Dr Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo, mostrando un notevole potenziale sia nel migliorare la qualità dei servizi offerti, sia nel contribuire alla riduzione degli elevati tassi di mortalità infantile.
A partire da quest’esperienza, e dall’analisi delle evidenze accumulate negli ospedali di Lacor e di Kalongo, l’Università di Napoli Federico II, in collaborazione con la Fondazione Corti e la Fondazione Ambrosoli, promuove una giornata di riflessione sui sistemi di Result based financing e sulla loro efficacia nel favorire sostenibilità e qualità in ambito sanitario.
E' possibile possibile partecipare online tramite zoom, oppure in presenza a Napoli, presso l’Aula Magna dell’Università Federico II di Napoli Corso Umberto I, Napoli.
Per la partecipazione online o in presenza è gradita conferma.
In questi giorni si è raggiunto un grande traguardo: l’OMS ha approvato il vaccino contro la malaria per l’uso di massa nei bambini. Un cambiamento epocale nella lotta alla malaria che permetterà di salvare decine di migliaia di piccoli. Perché la malaria colpisce soprattutto i bambini: su 400.000 vittime di malaria ogni anno, il 94 per cento si registra in Africa e in due casi su tre si tratta proprio di bimbi.
L’Uganda ha il più alto tasso di incidenza della malaria nel mondo, con 478 persone su 1000 abitanti colpite all’anno. Basti pensare che nella stagione delle piogge, terreno fertile per la malaria, l’80% dei bambini che vengono ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale di Kalongo sono affetti da malaria. Il record è stato raggiunto nel 2019 quando da giugno a dicembre ne sono stati assistiti 5.924. Situazioni queste che mettono il reparto sotto pressione, con una media di 150 bambini visitati al giorno e sottoposti in caso di positività a terapia antimalarica. Medicinali che l’ospedale si trova spesso a dover acquistare autonomamente così come il materiale necessario, perché nonostante le forniture del Governo, si trova spesso senza scorte.
Il vaccino, l'unico per cui negli studi precedenti sia stata dimostra una buona efficacia al momento si sta testando in un programma pilota in Ghana, Kenya e Malawi: dal 2019 sono state inoculate oltre 2,3 milioni di dosi e l'analisi dei risultati mostra che il siero, oltre a essere sicuro, riduce del 30 per cento la malaria grave. Lo studio nei tre Paesi pilota prosegue per valutare l'impatto del vaccino sulla mortalità nel lungo periodo.
Questo vaccino, dicono gli esperti, non è uno scudo infallibile e quindi non riuscirà a sradicare la malaria, ma sicuramente potrà cambiarne drasticamente il corso, aiutando a proteggere i tanti piccoli che non riescono ad essere tutelati in altro modo, per esempio con l'uso corretto delle zanzariere attorno al letto; inoltre, se viene utilizzato assieme agli antimalarici il rischio di ricovero e morte dei bimbi si riduce del 70 per cento.
Un risultato che accende la speranza.
Una serata in memoria di Padre Giuseppe e Paolo Ambrosoli per ricordare l’importanza del diritto alla salute. Un’occasione per guardare al futuro grazie all’opera che padre Giuseppe ci ha lasciato in eredità: un “piccolo miracolo” che salva vite umane e accompagna la vita e la crescita di Kalongo.
Grazie a Lions Club Como e Lions Club Plinio il Giovane per essere al nostro fianco!
15 Ottobre 2021
ore 19:45
Sala bianca del Teatro Sociale - Como
CARI AMICI,
il 6 giugno scorso il Presidente Museveni ha decretato l’inizio di un nuovo lockdown a causa dell’improvviso aumento dei contagi da Covid in Uganda. Gli ultimi dati ufficiali disponibili sul sito del Ministero della Salute Ugandese riportano oggi 119.915 casi positivi, a fine luglio erano 55.511. L’arrivo delle varianti più aggressive ha accelerato il propagarsi del virus in particolar modo tra i giovani. Ciò che preoccupa di più ora è la mancanza di vaccini. Al 27 agosto, mentre in Europa il 46% della popolazione è stata vaccinata, in Africa solo il 2,5% ha ricevuto il vaccino. Oggi le persone vaccinate in Uganda sono 1.376.986 su una popolazione di quasi 44 milioni di persone. All’ospedale di Kalongo tutto il personale è stato vaccinato ma la popolazione locale resta scoperta e indifesa e l’ospedale ancora più solo e isolato. Non solo per il lockdown. La crescita repentina dei casi in Uganda ha portato alla saturazione dei pochi posti letto disponibili nei centri sanitari designati alla cura dei malati di Covid. L’ospedale deve perciò prendersi cura anche dei casi più gravi senza poter disporre di una terapia intensiva né sub-intensiva.
L’80% dei pazienti ricoverati finora ha avuto bisogno di ossigenoterapia ma la fornitura di ossigeno rimane una sfida immane per il nostro ospedale. Non è semplice neppure garantire un costante rifornimento di farmaci e di dispositivi di protezione. Per ottimizzare le risorse e risparmiare tamponi vengono testate solo le persone che mostrano sintomi riconducibili al Covid, senza la possibilità di individuare eventuali pazienti positivi asintomatici.
Sono soprattutto le attività di cura sul territorio, che rappresentano la sola possibilità di accesso alla salute per migliaia di persone, ad aver risentito dell’improvvisa escalation di Covid. Le misure restrittive introdotte dal governo per arginare il diffondersi del virus hanno causato una drammatica diminuzione degli accessi ai servizi sanitari di base. Anche a Kalongo i ricoveri in ospedale sono calati del 35%. Nell’ultimo anno il 75% dei bambini dimessi dall’ospedale non ha effettuato le visite di controllo post-ricovero con gravi rischi per la loro salute i cui effetti ad oggi non sono quantificabili. Nonostante il calo delle entrate dovuto al crollo degli accessi, l’ospedale ha gestito l’emergenza Covid senza gravare sulle famiglie, a differenza di molti altri ospedali privati che stanno aumentando i prezzi delle prestazioni rendendo ancora più difficile alle persone più povere l’accesso alle cure. L’ospedale sta oggi lavorando a stretto contatto con l’OMS, che ne ha riconosciuto il lavoro svolto per la comunità, per poter ottenere supporto finanziario dal Governo come centro trattamento Covid. La Fondazione continua con impegno e grazie all’aiuto di tutti voi a sostenere l’ospedale perché possa giornalmente prestare cura e assistenza alla popolazione senza interrompere servizi importanti per mancanza di risorse.
Sapervi accanto è oggi più importante che mai.
Giovanna Ambrosoli
Se i ricoveri complessivi sono calati del 19%, il calo più significativo e preoccupante riguarda gli accessi al reparto di maternità, che sono diminuiti del 56%, mentre i parti del 44%. Sono questi i numeri che ci giungono da Kalongo e che ci danno una fotografia preoccupante dell’impatto che la pandemia ha sulla vita quotidiana della comunità. La diminuzione degli accessi alle visite prenatali, conseguenza delle rigide misure di contenimento del Covid, dell’aumentata povertà che impedisce alle donne di potersi pagare il viaggio in ospedale, e della paura del contagio, ha creato una diminuzione delle terapie preventive somministrate, con inevitabili conseguenze sulla salute del feto e delle future mamme.
Una riduzione così alta dei parti significa un incremento di parti non assistiti, con conseguenti rischi aumentati di mortalità materna, mortalità neonatale, sviluppo di gravi complicanze durante il parto che possono comportare disabilità permanenti sia per la partoriente che per il nascituro.
Ma in mezzo a questo momento difficile e sconfortante, ci sono anche tante storie che grazie alla tenacia e alla resilienza dei medici e dello staff ospedaliero, unito al coraggio e alla forza di queste mamme, arrivano a lieto fine e fanno guardare al futuro con spiragli di positività.
Come la storia di Esther, una giovane donna di soli 19 anni alla sua prima gravidanza che è giunta all’ospedale di Kalongo dal Komotor Health Center di Agago perché in travaglio e con sintomi da Covid. Arrivata al Dr Ambrosoli Memorial Hospital, effettuato immediatamente il test è risulta positiva ed è stata ricovata nel reparto in isolamento. Per lei è stata creata una “sala parto speciale” nello stesso reparto, dove è stata costantemente assistita da un’ostetrica e dal team medico che ha iniziato le cure per il Covid. Ma purtroppo il travaglio di Esther, a causa probabilmente della febbre molto alta, è andato avanti 2 giorni senza riuscire a seguire il corso naturale e anzi sviluppando sofferenza fetale. Lo staff medico non si è perso d’animo e ha prontamente deciso per un parto cesareo di emergenza per salvare la vita della mamma e del bambino. Tutto è andato per il meglio, Esther si è ripresa molto bene e con lei anche il suo bambino e sono stati dimessi qualche giorno fa dall’ospedale.
Questa è Kalongo, questa è la forza del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital che lotta ogni giorno per la gioia della vita!
Grazie per la sua presenza, per il contributo prezioso con cui ci ha accompagnato in questi anni di lavoro e impegno fin dalla nascita della Fondazione per portare avanti l’opera di padre Giuseppe a Kalongo.
L’entusiasmo, la competenza e la dedizione in tutto quella faceva ci sono stati di grande sostegno sempre e ci hanno aiutato anche nei momenti difficili. Ci mancherà come amico, come professionista e come Consigliere.
E’ stato un privilegio averla accanto a noi.
La variante delta si sta diffondendo tra gli africani a una velocità di diffusione impressionante: 225 volte maggiore rispetto alla prima ondata del virus originario in Africa. L’Uganda presenta un elevato numero di casi nella fascia di età under 40, con una mortalità in aumento. La maggior parte dei malati richiedono ricovero nei reparti di terapia intensiva o sub-intensiva. La domanda di ossigeno, con pazienti che consumano tra le 4 e le 6 bombole al giorno contro le 1-2 bombole dei pazienti ricoverati in terapia sub-intensiva per altre patologie, è aumentata esponenzialmente.
All’ospedale di Kalongo, COVID19 - centro di riferimento per i casi lievi e moderati, il tasso di positività è oggi al 22%, ma i casi sono certamente molti di più dato lo scarso numero di test a disposizione.
“Il nostro algoritmo di test si rivolge principalmente solo alle persone che mostrano sintomi simili a COVID per ottimizzare le scarse risorse di test che abbiamo” – ci racconta il dott. Smart, direttore dell’ospedale – “Questo significa che i positivi che non mostrano sintomi non si riescono a raggiungere e inoltre non si riescono a fare i test su coloro che sono entrati in contatto con persone contagiate. A tutti i contatti tracciabili consigliamo di auto-isolarsi per almeno 10 giorni. La tracciabilità è molto complessa e difficoltosa da mettere in pratica nelle nostre comunità di villaggi isolati”
Da giugno sono stati ricoverati e curati 20 pazienti, l'80% ossigeno-dipendente, ma grazie alla tenacia dei medici e del personale dell’ospedale solo 3 pazienti sono deceduti.
Per affrontare questa pandemia, che si aggiunge ad una situazione sanitaria già precaria, l’Ospedale ha potuto garantire le cure grazie al supporto della Fondazione Ambrosoli, non addebitando alcun costo ai pazienti, a differenza molti altri ospedali del Paese.
Per aiutare l’ospedale a fronteggiare la pandemia, la Fondazione ha stanziato dal 2020 circa € 82.000 per la fornitura di mascherine, guanti, disinfettanti, strumentazioni per la respirazione. A voi che ci sostenete e che ci siete vicino va il nostro grazie!
La situazione non potrebbe essere più drammatica, non soltanto nel presente, ma anche in prospettiva.
La campagna vaccinale in Africa non sta seguendo i ritmi sperati, soltanto l’1% della popolazione è stato completamente vaccinato.
“Abbiamo di fronte a noi un percorso difficile. Mancano farmaci, dispositivi medici e strumentazioni di prima necessità – questo l’appello che arriva dal Dr. Smart – “con la velocità di propagazione del virus le riserve degli ospedali si sono esaurite, anche qui a Kalongo. Il nostro reparto di isolamento è vecchio, non è adatto e sicuro alla cura dei pazienti. Ma soprattutto la fornitura di ossigeno rimane molto impegnativa. E’ rischioso e non possiamo fare affidamento sui concentratori che spesso si rompono a causa dell’uso costante. Per questo spesso ricarichiamo le bombole di ossigeno presso il Lacor Hospital a Gulu ma questa soluzione aggrava ulteriormente il costo delle cure che l’ospedale deve sostenere per curare i pazienti COVID".
Un impatto che si riversa su tutto l’ospedale: perché i bambini continuano a nascere, aumentano i casi prematuri, la malaria e la malnutrizione, la tubercolosi non danno tregua.
Si contano 90.656 casi confermati con 68.241 ricoverati e nell’ultimo mese il Covid ha provocato più vittime rispetto all’anno precedente. Numeri che per un paese che vive in povertà e con un sistema sanitario precario fanno la differenza. Con la rapida diffusione della variante Delta, il 66% dei casi gravi in soggetti di età inferiore ai 45 anni è stato attribuito proprio alla variante. La pandemia ha, però, interessato duramente tutta la popolazione, comprese le comunità che vivono nelle regioni più isolate del paese che sono toccate da una crisi non solo sanitaria, ma anche economica e sociale. Proprio come qui a Kalongo nel Nord del paese, un’area poverissima e isolata.
Le famiglie vivono principalmente di agricoltura di sussistenza e dove, con le restrizioni imposte, gli spostamenti nel Paese sono difficili, portandosi dietro un drastico calo degli scambi commerciali che ha pesantemente influito sull’economia. I risparmi mensili accumulati dalle famiglie sono pressoché dimezzati, e le spese totali su base mensile si sono ridotte del 20% nell’ultimo anno. Anche la composizione delle singole spese è cambiata: rispetto all’anno precedente, le persone hanno speso meno per cibo, vestiti e attività produttive, mentre i costi sostenuti per la salute sono aumentati, con anche numerose difficoltà per accedere ai servizi sanitari di base.
Gli effetti della crisi sull’utilizzo dei sistemi sanitari sono evidenti: la maggior parte della popolazione preferisce evitare o posticipare le cure in caso di disturbi lievi, ma anche una parte circa il 20% si dice disposto a posticipare visite e ricoveri.
Dopo un anno di pandemia gli effetti della crisi sulle comunità locali sono pesanti e riguardano diversi aspetti della vita di queste persone. E questa nuova ondata lascia poche spazio alla speranza di un ripresa ad una normalità che in tutto il mondo auspichiamo, ma che in questi paesi significa solo cercare di sopravvivere.
Restaci accanto, l'ospedale di Kalongo ha bisogno del nostro aiuto subito!