Salgono di giorno in giorno i contagi nel continente africano, questo l’allarme del direttore del Comitato internazionale della Croce Rossa per l'Africa sulle conseguenze devastanti per la popolazione che la pandemia può provocare nel continente. Anche l’Uganda non viene risparmiata nonostante le misure restrittive imposte dal governo: è salito a 61 il numero di persone affette da coronavirus, le unità di terapia intensiva sono solo 12 in tutto il Paese, con un totale di 55 posti letto
A Kalongo il personale medico e sanitario sta lavorando alacremente al piano di emergenza per fronteggiare l’epidemia con il sostegno della Fondazione e dei medici italiani rientrati in Italia; in prima linea Tito Squillaci, medico pediatra.
I principali problemi che l’ospedale si trova ad affrontare sono da un lato prevenire l’infezione degli operatori sanitari vista la scarsissima disponibilità di dispositivi di protezione individuale, dall’altra evitare il contagio tra i pazienti, considerando la quasi impossibilità di effettuare tamponi e la necessità costante di assistere pazienti che soffrono di polmonite e difficoltà respiratorie dovute ad altre patologie, soprattutto nel reparto pediatrico. Diventa cruciale garantire l’apporto di ossigeno, in quanto il numero di concentratori non è già sufficiente in condizioni normali. A Kalongo non c’è la terapia intensiva né è possibile allestirla perché servono attrezzature costose e oggi difficilmente reperibili, ma soprattutto manca il personale specializzato.
Il piano va attuato con estrema urgenza, come sottolinea il dottor Tito Squillaci, senza attendere che il primo caso giunga a Kalongo. Il virus può iniziare a diffondersi nella comunità circa 7-10 gg prima che venga rilevato il primo paziente. Al momento della prima diagnosi affidabile l’epidemia può essere già fuori controllo.
Non va dimenticato che il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital è l’unico centro di riferimento sanitario per un’area popolata da più di 500.000 persone e dove non esiste nessuna reale alternativa di cura, un’ancora di salvezza per la popolazione del distretto di Agago e dei 6 distretti confinanti.
L’ospedale di Kalongo è stato identificato come Hub Covid, centro di riferimento distrettuale per i casi sospetti e per il trattamento dei casi moderati, mentre i casi più gravi dovrebbero essere riferiti agli ospedali con letti di terapia intensiva. Il Dr. Godfrey Smart, medico chirurgo e CEO dell’ospedale, è parte della task force distrettuale per l’emergenza Covid.
Il Ministero della sanità ha inoltre stabilito un programma di outreach, che prevede da parte del tecnico di laboratorio dell’ospedale l’effettuazione del tampone a domicilio. È in fase di definizione un piano di decentralizzazione anche dell’analisi dei test, oggi esaminati centralmente dall’Uganda Virus Research Institute di Kampala per il quale l’ospedale di Kalongo diventerebbe Hub di riferimento distrettuale anche per le analisi.
L’allerta è quindi altissima, perché a differenza dei nostri ospedali che, per quanto in affanno, hanno mezzi, strumenti e risorse, l’ospedale di Kalongo la battaglia contro il Covid19 dovrà combatterla a mani nude e si giocherà tutta sulla prevenzione.
La Fondazione si sta attivando con tutti gli sforzi possibili per garantire strumenti, dispositivi di protezione e farmaci, per supportare l’ospedale e la popolazione locale; preoccupano in particolare le persone affette da malnutrizione e HIV, epatite, con un sistema immunitario molto debole e più esposte al rischio di contrarre il virus
Ogni contributo è vitale per evitare il diffondersi della pandemia in un’area che vive da sempre nell’emergenza quotidiana.
Non lasciamoli soli.
Cari amici,
il 29 novembre 2019, proprio mentre mi trovavo a Kalongo, la Santa Sede ha comunicato il riconoscimento, da parte di Papa Francesco, del miracolo avvenuto per l’intercessione di padre Giuseppe Ambrosoli. Indescrivibile la gioia di tutti noi alla notizia che da tempo attendavamo. In Uganda come in Italia l’emozione è stata davvero grande.
Così come grande è ora l’attesa per il decreto del Papa che indicherà la data e il luogo delle celebrazioni per la beatificazione, che avranno luogo in Uganda e poi a Como e a Ronago, terra natale di padre Giuseppe. A questa grande emozione si aggiungono un rinnovato senso di responsabilità e uno slancio verso il futuro dell’ospedale e della scuola. Oggi, per la fase così difficile che tutti noi stiamo vivendo, siamo ancora più consapevoli che il diritto alla salute è davvero il bene più prezioso per ognuno di noi. Sempre, ovunque.
Vogliamo custodire l’eredità di padre Giuseppe Ambrosoli a Kalongo e farci portavoce dei suoi valori e del suo esempio capace di accompagnare chi, credente o meno, ne riconosce lo straordinario carisma. Questo momento fa sentire ancora più intenso e profondo l’impegno di tutti quelli che, in Uganda come in Italia, si spendono ogni giorno per mantenere vivi l’ospedale e la scuola di ostetricia a cui padre Giuseppe ha dedicato la sua vita. Per questo oggi vogliamo illustrarvi come abbiamo utilizzato i fondi raccolti nel 2019.
Crediamo che la concretezza dei nostri risultati, unita alla trasparenza delle nostre azioni, possa fare davvero la differenza. Per tutti. Perché quello che abbiamo fatto a Kalongo lo abbiamo fatto grazie a voi. Consapevoli della complessità del momento e delle oggettive difficoltà ma forti della vostra vicinanza, non indietreggiamo nel nostro impegno: il vostro sostegno ci incoraggia e ci permette di proseguire. Perché, come diceva padre Giuseppe: “Dobbiamo andare avanti. C’è ancora così tanto da fare!”.
Giovanna Ambrosoli
"Se si considera il momento attuale, tutti questi lavori, umanamente parlando, sono una pazzia.
Ma noi non lavoriamo per il nostro interesse personale, bensì per il bene di questa nostra gente
che in ogni modo speriamo domani potrà fruire di quanto abbiamo fatto per loro"
Padre Giuseppe Ambrosoli, Kalongo 1974
In questo momento così difficile e incerto per tutti le parole di padre Giuseppe ci danno fiducia.
Sabato il Ministro della Salute Ugandese ha confermato il primo caso di Covid-19 in Uganda. Il governo ugandese ha posto misure molto restrittive per prevenire la diffusione del virus che ora si sono fatte più stringenti.
Il dott. Tito Squillaci e gli altri volontari a Kalongo sono dovuti tornare in Italia. Sappiamo che la loro partenza e la cancellazione di tutte le missioni dei medici italiani, impegnati ora nel nostro Paese nella battaglia contro il virus, avranno pesanti ripercussioni sulle attività cliniche e di formazione.
La scuola di ostetricia, come tutte le scuole in Uganda, è stata chiusa. Viviamo questa scelta obbligata con grande preoccupazione, perché la scuola è una risorsa vitale per l’ospedale. E con immensa tristezza, ripensando ai giorni bui di oltre 60 anni fa, quando padre Giuseppe, dopo l’evacuazione forzata dell’ospedale e nonostante le precarie condizioni di salute, spese fino all'ultima delle sue forze per garantire la sopravvivenza della scuola.
L’ospedale sta predisponendo un piano di emergenza ma a Kalongo terapie intensive e attrezzature adeguate ad affrontare la pandemia non ci sono. L’ospedale non può farcela da solo. Questo c’è ancora più evidente oggi, alla luce di quello che stiamo vivendo qui in Italia e del messaggio accorato che il Dott. Tito Squillaci ci ha inviato.
Abbiamo una grande responsabilità nei confronti dell’ospedale e della scuola di ostetricia e l’abbiamo nei vostri confronti perché credete nel nostro lavoro e ci sostenete.
Lavoreremo con tutte le nostre energie perché l’ospedale e la scuola continuino a operare al meglio e possano prepararsi ad affrontare l’emergenza.
Insieme possiamo farcela!
Cari amici, care amiche,
oggi, per la prima volta, sono i nostri amici di Kalongo a guardarci con apprensione per ciò che sta accadendo qui in Italia. Preoccupati per noi, per la nostra salute, per quella dei nostri familiari. Come solo gli africani sanno fare: con grande empatia e solidarietà.
Ma anche con grande calma. Consapevoli che le sfide più grandi si possono affrontare solo con senso di responsabilità, lucidità e coraggio. E soprattutto fiducia.
Per questo noi continueremo a raccontarvi di Kalongo e a rispondere alle vostre domande. Lo faremo da casa, dove ci siamo organizzati al meglio per continuare, in sicurezza, a portare avanti il nostro lavoro. Perché il nostro comune impegno per Kalongo può e deve essere portato avanti.
Ancora più consapevoli che il diritto alla salute è davvero il bene più prezioso per tutti noi. Sempre, ovunque.
Il 27 marzo sarà il trentatreesimo anniversario della morte di padre Giuseppe Ambrosoli. Nell'attesa di poter presto celebrare la sua beatificazione teniamo lo sguardo fisso sulle orme di padre Giuseppe che mai si è lasciato scoraggiare, mai ha indietreggiato, mai ha lasciato che la paura e lo sconforto avessero la meglio.
Restiamo a casa, ma ancora più vicini!
Quello che ho apprezzato molto, soprattutto in queste settimane in cui sono rimasta sola, unica specializzanda di IDEA Onlus al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, è che a Kalongo non ci si può proprio sentire soli.
Con i colleghi in ospedale ho instaurato un bel rapporto che ci permette non solo di confrontarci e discutere dei casi più ostici e particolari, ma anche di sdrammatizzare e ridere in alcune circostanze, come ci si conoscesse da tempo. Si condivide la lunga giornata ma si condividono anche le pause the, i tagli delle torte durante le festività natalizie e le mangiate di caramelle per tenere alta la glicemia (e la concentrazione). Mi hanno considerata fin da subito una del gruppo dimostrandomelo con un abbraccio al termine dell’ennesima giornata in cui, grazie all’impegno di tutti, si è trasfuso il maggior numero di bambini critici; ma mi hanno anche considerata parte del gruppo includendomi nel gioco della pesca per il regalo di natale.
Anche al di fuori dell’ospedale, però, non rimango mai sola. Quando mi concedo una passeggiata, immersa nella verde vegetazione di Kalongo in questa stagione, condivido il percorso sempre con qualcuno. Inizio la camminata con bambini che trascinano taniche d’acqua e che, incuriositi dallo strumento che tengo tra le mani, si mettono in posa per ricevere una fotografia (e scoppiano in una risata contagiosa quando mostro loro il risultato). Proseguo con famiglie che fanno ritorno dalla messa domenicale e mi invitano a fare visita presso la loro casa. Lungo il tragitto capita di entrare nei cortili delle abitazioni popolate da almeno tre generazioni della stessa famiglia, ognuno impegnato in un’attività diversa o tutti riuniti a celebrare il giorno festivo con balli e musica locale che non si può non apprezzare (e immortalare!). È con mia grande sorpresa che anche senza pianificare un’attività, cosa impensabile per lo standard di vita occidentale, si riesce comunque a realizzarla in compagnia di qualcuno: è così che ho esplorato le montagne nei pressi di Kalongo con tre ragazzini che quelle montagne sono abituati a scalarle anche a piedi nudi; è così che il 1° gennaio, con solo due ore di sonno, sono salita in cima al monte Oret in compagnia di Emmanuel, Alice ed Alice.
E ora, che il prossimo volontario italiano mi ha raggiunto, ho potuto rasserenarlo e dirgli che quando io ho salutato Kalongo, lui non rimarrà solo. Benvenuto Paolo!
Ilaria Fumi
specializzanda in pediatria
di Idea Onlus partner di Fondazione Ambrosoli
Questo mio primo mese di Africa, al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo (Uganda), porta con sé già un bagaglio pieno di insegnamenti:
Ho imparato che bisogna essere forti perché la Forza è la prima medicina per sopravvivere in un contesto rurale come questo
Ho imparato che il cambiamento climatico ha colpito anche l’equatore: la stagione delle piogge che sarebbe dovuta terminare a ottobre non accenna a fermarsi anzi, è fonte di criticità
Ho imparato che l’umidità e le piogge raffreddano i nostri prematuri che, non accumulando energia, faticano a crescere. Non ci sono incubatrici per tutti, ma per fortuna il contatto con la propria mamma, attraverso la kangaroo mother care, permette di accumulare calore
Ho imparato che il concetto dell’ “essenziale” è relativo: è essenziale avere accesso alle cure basilari ma non è detto che queste raggiungano ogni angolo della Terra
Ho imparato che il tempo assume tutto un altro significato: “ora” può voler dire minuti, ore, ma anche giorni. Quando si ha davanti un bimbo con 2 di emoglobina, sarebbe necessario fare qualcosa subito, una trasfusione di sangue, ma purtroppo qui “subito” è subordinato alla disponibilità delle persone (una stessa persona non può donare il proprio sangue più volte in tempi ravvicinati), al loro arrivo da villaggi talvolta tanto lontani, alla compatibilità di gruppo; per cui purtroppo a volte non puoi far altro che adattare il tuo concetto di tempo al loro
Ho imparato che il cuore di un bimbo può battere con una frequenza superiore a 240 bpm per anemia, disidratazione o sepsi e fornendo trasfusione, liquidi e antibiotici il cuore rallenta il proprio ritmo galoppante dando al bimbo la possibilità di tornare a sorridere
Ho imparato che bisogna pensare non una ma tante volte prima di richiedere un esame perché qui, anche quello più banale (ad esempio la stima del valore dell’emoglobina), ha un costo che non tutti si possono permettere
Ho imparato che è fondamentale basare il proprio ragionamento medico sulla clinica, sui segni tramite i quali una patologia si manifesta, che nel mondo occidentale si associano quasi sempre ad esami laboratoristici e strumentali, ma qui sono davvero molto pochi e talvolta vanno “out of stock”
Ho imparato che forse non è un errore dimettere un bimbo prima del dovuto perché la mamma, terminate le scorte alimentari, ti confessa che non saprebbe come nutrirlo
Ho imparato che la rabbia per la consapevolezza di sapere che si potrebbe fare di più ma che qui “di più” non è ancora arrivato (e chissà se e quando arriverà) è fonte di distrazione e di spreco di energie. E’ importante invece rimanere concentrati e convogliare le forze per i tanti bimbi che sono ancora ricoverati
Ho imparato che la solidarietà è un valore che qui manifestano tutti, anche le persone più in difficoltà, perché è importante sentirsi tutti allo stesso livello. Non c’è litigio, non c’è arroganza, non c’è pretesa per i propri bimbi, nemmeno per quelli più critici, perché si sa che l’aiuto dal prossimo arriva in ogni caso
Ho imparato che la parola che più sento rivolgermi è “Grazie”. “Grazie perché hai scelto di lavorare qui Doctor” – “Grazie per il bel lavoro svolto oggi Doctor” (ripetuto tutti i giorni) - “Grazie Doctor per voler condividere con noi i tuoi insegnamenti”.
Ma non c’è linguaggio verbale che regga il confronto di uno scambio di sguardi, uno scambio di sorrisi: il sorriso, nel linguaggio dei miei pazienti di Kalongo, significa richiesta di aiuto, significa accoglienza, significa rispetto, significa fiducia ma significa anche Grazie. In acholi “Apwoyo”.
Ilaria Fumi
specializzanda in pediatria
di Idea Onlus partner di Fondazione Ambrosoli
Il 29 novembre 2019 la Santa Sede ha comunicato il riconoscimento, da parte di Papa Francesco, del miracolo avvenuto per intercessione di padre Giuseppe.
Il 5 dicembre 2019 si celebra la 34° Giornata Internazionale del Volontariato, dedicata a favorire l’inclusione sociale, come sottolinea lo slogan scelto dall'agenzia delle Nazioni Unite “Volontariato per un futuro inclusivo”, che secondo alcune stime coinvolge circa un miliardo di persone nel mondo. La scelta è legata al decimo dei 17 obiettivi fissati dall'Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile: “Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le nazioni”.
Anche noi come Fondazione Ambrosoli ci uniamo alle celebrazioni di questa giornata e ringraziamo tutti i nostri volontari che ci supportano nel portare avanti l’opera che padre Giuseppe ha costruito a Kalongo dedicando la sua vita a favore dei più vulnerabili.
Sono molti i volontari medici, specializzandi, manager e personale tecnico che si recano a Kalongo per prestare la loro opera e aiutarci a garantire un futuro sostenibile alla popolazione locale. Come Fondazione crediamo e promuoviamo il valore del volontariato come fonte di sviluppo e valido strumento di trasferimento di competenze, consentendo così lo sviluppo del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital e una migliore qualificazione dei servizi sanitari.
Investire sulla salute della popolazione e nella formazione del personale medico locale è il miglior investimento per il futuro di un Paese.
C’è già aria di feste, quelle più attese dell’anno perché raccolgono gli affetti più cari, la famiglia, gli amici vicini e lontani.
Il Natale è un momento magico e un tempo prezioso che ci allontana dalla routine quotidiana e ci apre agli altri.
Anche quest'anno resta vicino agli amici di Kalongo!