Quello che ho apprezzato molto, soprattutto in queste settimane in cui sono rimasta sola, unica specializzanda di IDEA Onlus al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, è che a Kalongo non ci si può proprio sentire soli.

Con i colleghi in ospedale ho instaurato un bel rapporto che ci permette non solo di confrontarci e discutere dei casi più ostici e particolari, ma anche di sdrammatizzare e ridere in alcune circostanze, come ci si conoscesse da tempo. Si condivide la lunga giornata ma si condividono anche le pause the, i tagli delle torte durante le festività natalizie e le mangiate di caramelle per tenere alta la glicemia (e la concentrazione). Mi hanno considerata fin da subito una del gruppo dimostrandomelo con un abbraccio al termine dell’ennesima giornata in cui, grazie all’impegno di tutti, si è trasfuso il maggior numero di bambini critici; ma mi hanno anche considerata parte del gruppo includendomi nel gioco della pesca per il regalo di natale.

Anche al di fuori dell’ospedale, però, non rimango mai sola. Quando mi concedo una passeggiata, immersa nella verde vegetazione di Kalongo in questa stagione, condivido il percorso sempre con qualcuno. Inizio la camminata con bambini che trascinano taniche d’acqua e che, incuriositi dallo strumento che tengo tra le mani, si mettono in posa per ricevere una fotografia (e scoppiano in una risata contagiosa quando mostro loro il risultato). Proseguo con famiglie che fanno ritorno dalla messa domenicale e mi invitano a fare visita presso la loro casa. Lungo il tragitto capita di entrare nei cortili delle abitazioni popolate da almeno tre generazioni della stessa famiglia, ognuno impegnato in un’attività diversa o tutti riuniti a celebrare il giorno festivo con balli e musica locale che non si può non apprezzare (e immortalare!). È con mia grande sorpresa che anche senza pianificare un’attività, cosa impensabile per lo standard di vita occidentale, si riesce comunque a realizzarla in compagnia di qualcuno: è così che ho esplorato le montagne nei pressi di Kalongo con tre ragazzini che quelle montagne sono abituati a scalarle anche a piedi nudi; è così che il 1° gennaio, con solo due ore di sonno, sono salita in cima al monte Oret in compagnia di Emmanuel, Alice ed Alice.

E ora, che il prossimo volontario italiano mi ha raggiunto, ho potuto rasserenarlo e dirgli che quando io ho salutato Kalongo, lui non rimarrà solo. Benvenuto Paolo!

 

Ilaria Fumi
specializzanda in pediatria
di Idea Onlus partner di Fondazione Ambrosoli

Questo mio primo mese di Africa, al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo (Uganda), porta con sé già un bagaglio pieno di insegnamenti:

Ho imparato che bisogna essere forti perché la Forza è la prima medicina per sopravvivere in un contesto rurale come questo

Ho imparato che il cambiamento climatico ha colpito anche l’equatore: la stagione delle piogge che sarebbe dovuta terminare a ottobre non accenna a fermarsi anzi, è fonte di criticità

Ho imparato che l’umidità e le piogge raffreddano i nostri prematuri che, non accumulando energia, faticano a crescere. Non ci sono incubatrici per tutti, ma per fortuna il contatto con la propria mamma, attraverso la kangaroo mother care, permette di accumulare calore

Ho imparato che il concetto dell’ “essenziale” è relativo: è essenziale avere accesso alle cure basilari ma non è detto che queste raggiungano ogni angolo della Terra

Ho imparato che il tempo assume tutto un altro significato: “ora” può voler dire minuti, ore, ma anche giorni. Quando si ha davanti un bimbo con 2 di emoglobina, sarebbe necessario fare qualcosa subito, una trasfusione di sangue, ma purtroppo qui “subito” è subordinato alla disponibilità delle persone (una stessa persona non può donare il proprio sangue più volte in tempi ravvicinati), al loro arrivo da villaggi talvolta tanto lontani, alla compatibilità di gruppo; per cui purtroppo a volte non puoi far altro che adattare il tuo concetto di tempo al loro

Ho imparato che il cuore di un bimbo può battere con una frequenza superiore a 240 bpm per anemia, disidratazione o sepsi e fornendo trasfusione, liquidi e antibiotici il cuore rallenta il proprio ritmo galoppante dando al bimbo la possibilità di tornare a sorridere

Ho imparato che bisogna pensare non una ma tante volte prima di richiedere un esame perché qui, anche quello più banale (ad esempio la stima del valore dell’emoglobina), ha un costo che non tutti si possono permettere

Ho imparato che è fondamentale basare il proprio ragionamento medico sulla clinica, sui segni tramite i quali una patologia si manifesta, che nel mondo occidentale si associano quasi sempre ad esami laboratoristici e strumentali, ma qui sono davvero molto pochi e talvolta vanno “out of stock”

Ho imparato che forse non è un errore dimettere un bimbo prima del dovuto perché la mamma, terminate le scorte alimentari, ti confessa che non saprebbe come nutrirlo

Ho imparato che la rabbia per la consapevolezza di sapere che si potrebbe fare di più ma che qui “di più” non è ancora arrivato (e chissà se e quando arriverà) è fonte di distrazione e di spreco di energie. E’ importante invece rimanere concentrati e convogliare le forze per i tanti bimbi che sono ancora ricoverati

Ho imparato che la solidarietà è un valore che qui manifestano tutti, anche le persone più in difficoltà, perché è importante sentirsi tutti allo stesso livello. Non c’è litigio, non c’è arroganza, non c’è pretesa per i propri bimbi, nemmeno per quelli più critici, perché si sa che l’aiuto dal prossimo arriva in ogni caso

Ho imparato che la parola che più sento rivolgermi è “Grazie”. “Grazie perché hai scelto di lavorare qui Doctor” – “Grazie per il bel lavoro svolto oggi Doctor” (ripetuto tutti i giorni) - “Grazie Doctor per voler condividere con noi i tuoi insegnamenti”.

Ma non c’è linguaggio verbale che regga il confronto di uno scambio di sguardi, uno scambio di sorrisi: il sorriso, nel linguaggio dei miei pazienti di Kalongo, significa richiesta di aiuto, significa accoglienza, significa rispetto, significa fiducia ma significa anche Grazie. In acholi “Apwoyo”.

Ilaria Fumi
specializzanda in pediatria
di Idea Onlus partner di Fondazione Ambrosoli

Il 29 novembre 2019 la Santa Sede ha comunicato il riconoscimento, da parte di Papa Francesco, del miracolo avvenuto per intercessione di padre Giuseppe.

Il 5 dicembre 2019 si celebra la 34° Giornata Internazionale del Volontariato, dedicata a favorire l’inclusione sociale, come sottolinea lo slogan scelto dall'agenzia delle Nazioni Unite “Volontariato per un futuro inclusivo”, che secondo alcune stime coinvolge circa un miliardo di persone nel mondo. La scelta è legata al decimo dei 17 obiettivi fissati dall'Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile: “Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le nazioni”.

Anche noi come Fondazione Ambrosoli ci uniamo alle celebrazioni di questa giornata e ringraziamo tutti i nostri volontari che ci supportano nel portare avanti l’opera che padre Giuseppe ha costruito a Kalongo dedicando la sua vita a favore dei più vulnerabili.

Sono molti i volontari medici, specializzandi, manager e personale tecnico che si recano a Kalongo per prestare la loro opera e aiutarci a garantire un futuro sostenibile alla popolazione locale. Come Fondazione crediamo e promuoviamo il valore del volontariato come fonte di sviluppo e valido strumento di trasferimento di competenze, consentendo così lo sviluppo del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital e una migliore qualificazione dei servizi sanitari.

Investire sulla salute della popolazione e nella formazione del personale medico locale è il miglior investimento per il futuro di un Paese.

C’è già aria di feste, quelle più attese dell’anno perché raccolgono gli affetti più cari, la famiglia, gli amici vicini e lontani.

Il Natale è un momento magico e un tempo prezioso che ci allontana dalla routine quotidiana e ci apre agli altri.

Anche quest'anno resta vicino agli amici di Kalongo!

Cari amici,

quello che sta per finire è stato per noi un anno importante e impegnativo: abbiamo celebrato il 60° Anniversario della Scuola di Ostetricia, proseguito l’attività di divulgazione dell’opera di padre Giuseppe Ambrosoli presentando il libro “Chiamatemi Giuseppe” anche in Uganda: un’occasione unica per far conoscere il nostro lavoro. È terminata la prima fase di lavori per la riqualificazione degli staff quarter che garantiranno migliori condizioni di vita allo staff ospedaliero e non ultimo, a maggio abbiamo finalmente dato il via al progetto di ristrutturazione della nuova pediatria di Kalongo.

Un progetto a cui teniamo moltissimo, che ci permetterà di consegnare alla comunità del distretto di Agago, in cui opera l’ospedale, un reparto efficiente e pronto ad accogliere dignitosamente i tanti bambini che affollano l’ospedale. Quanto sarà realizzato affonda le sue radici nella vostra fiducia, senza la quale non potremmo portare avanti i nostri progetti!

Negli ultimi mesi un’epidemia di malaria che sembra non voler diminuire ha fatto registrare un drammatico aumento dei ricoveri in pediatria, che sono aumentati da 174 bambini ricoverati ad aprile a 974 nel mese di agosto! In un reparto di 61 posti letto è facile immaginare quanto la situazione possa essere drammatica.

Anche per questo abbiamo deciso di investire energie e risorse nella nuova pediatria. Vogliamo offrire più cure, più assistenza, più spazio a ogni bambino, senza lasciare indietro nessuno. E vogliamo poterlo fare sempre, soprattutto nelle emergenze.

5,4 milioni di bambini minori di 5 anni muoiono ancora ogni anno nel mondo per malattie facilmente curabili. Qui a Kalongo, dove il 40% dei pazienti sono bambini, ci impegniamo per garantire il diritto alla salute di ogni bambino. Non solo perché i bambini rappresentano il futuro dell’Africa ma perché sono il suo meraviglioso e perpetuo presente.

Per farlo abbiamo bisogno di voi, continuate a sostenerci.

 

Giovanna Ambrosoli

Michelangelo, Gianni, Giancarlo sono in arrivo in questi giorni a Kalongo per portare la “luce” al Dr Ambrosoli Memorial Hospital, grazie al progetto di solidarietà lanciato qualche mese fa dal “Gruppo Kalongo nel cuore”: Dona un lampione.

In Uganda solo l’8% della popolazione rurale ha accesso all’energia elettrica. Il nostro ospedale è una raro esempio di agglomerato urbano che può usufruire della rete elettrica nazionale. Ma solo grazie all’uso di generatori a gasolio, con continui disservizi e costi altissimi, si riesce a mantenere operativi tutti i reparti dell’ospedale.
Tutto poi cambia al calare della notte: il buio incombe e l’ospedale sprofonda nell'oscurità totale, ad eccezione dei reparti d’emergenza.

Grazie al progetto di solidarietà del “Gruppo Kalongo nel Cuore” sarà possibile mettere in sicurezza l’intera area dell’ospedale e della scuola di ostetricia e assicurare una qualità della vita migliore per i malati ricoverati, le loro famiglie e il personale dell’ospedale, grazie all'installazione di 45 lampioni con lampade a Led, al rifacimento degli impianti elettrici nelle tredici unità abitative dei medici e recintando l’area per 1.100 metri.

Un grazie di cuore ai nostri amici!

La cosa che mi rimane più impressa ogni mattina quando inizio la mia giornata in ospedale, divisa tra la terapia intensiva neonatale e la pediatria sono i numeri: 208 è il numero di bambini ricoverati ora in pediatria, 61 i posti letto disponibili, 1.353 i bambini sotto i 5 anni colpiti da malaria, accolti in ospedale negli ultimi tre mesi

1.8 è il valore di emoglobina più basso che abbia mai visto in vita mia, talmente basso che sarebbe folle pensare possa essere compatibile con la vita. Questo è il valore di emoglobina del primo bambino che ho visto morire di malaria a Kalongo.

E’ da inizio giugno che l’epidemia di malaria in Uganda non lascia scampo e colpisce soprattutto i bambini che il più delle volte arrivano in ospedale in fin di vita, nella speranza di trovare una cura.

E quale sarebbe la cura per la malaria? L’Artesunate è il farmaco indicato nelle forme di malaria complicata, ma nelle forme con grave anemia, qual è la cura? Il sangue. Ma questo è un problema in tutta l’Africa. Per Kalongo, la banca del sangue più vicina si trova a Gulu, che dista circa quattro ore di macchina. Ma tante volte il sangue non c’è nemmeno lì.

Che si fa allora? S’inizia a fare lo screening ai genitori, per vedere se sono compatibili, ma tante volte non possono donare perché hanno già donato all’altro figlio oppure sono mamme in gravidanza, o papà con una malattia trasmissibile con il sangue (HIV, epatite B). Altre volte non sono semplicemente compatibili.

 Che cosa puoi fare se sei il medico del bambino con 1.8 di emoglobina perché non muoia?

Provi a chiedere agli altri famigliari, ma spesso vivono troppo lontano e non arriverebbero in tempo. Se sei compatibile tu, e negli ultimi tre mesi non ha già donato, doni tu stesso.

Ieri però sono riuscita a trovare una studentessa di ostetricia che ha donato per un altro bambino che aveva 2.8 di emoglobina, e questo bimbo ce l’ha fatta.

Ma se per tutti questi casi di anemia gravissima, senza sangue non si può fare molto, per gli altri casi, con valori di emoglobina sopra i 5 gm/dl, la cura principale resta il medicinale, l’Artesunate.

Dobbiamo salvaguardare la vita di questi bambini. Non possiamo e non dobbiamo arrenderci. Si può e si deve andare avanti.

 

Antonella Tuscano,
specializzanda in pediatria
di Idea Onlus partner di Fondazione Ambrosoli

Nel distretto di Agago, nella regione Acholi in Nord Uganda dove si trova il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, la principale fonte di reddito per la popolazione locale (circa 238.000 persone di cui il 46% ha meno di 15 anni) è l’agricoltura, condotta ancora su piccola scala a conduzione familiare senza alcun supporto di tecnologia anche basica. Si coltiva principalmente grano.

Conseguenza dei cambiamenti climatici che stanno toccando l’universo, quest’anno anche qui in Nord Uganda le piogge stagionali sono arrivate molto in ritardo, compromettendo il periodo di coltivazione dell’intera area. Intorno a marzo-aprile le scorte di cibo delle famiglie si stavano già esaurendo e al mercato locale si trovava una varietà di cibo molto povera di alimenti nutrizionali. Solo a maggio con l’arrivo delle piogge si è potuto dare inizio alla coltivazione dei campi.

Nel frattempo in ospedale sono arrivati i primi casi di malaria che sono andati in crescendo repentinamente, colpiti in modo particolare i bambini. Con la malaria diffusasi nella regione (tra maggio e agosto 1589 casi solo tra i bambini sotto i 5 anni) anche i casi di malnutrizione sono aumentati, soprattutto sempre fra i bambini sotto i 5 anni. Solo tra aprile e agosto si sono registrati circa 245 casi di malnutrizione grave.

A causa delle forti e frequenti piogge molti genitori non riuscivano a portare i propri figli in ospedale per effettuare le dovute visite di controllo. Lo staff medico dell’ospedale ha così deciso di istituire un’unità mobile di infermieri pediatrici addestrati alla valutazione della malnutrizione per eseguire una rapida ricognizione sul territorio e garantire il maggior numero di ricoveri ospedalieri.

Un totale di 610 bambini sono stati sottoposti a screening per malnutrizione, 102 hanno mostrato segni pericolosi, e quasi la metà potrebbero morire senza cure e assistenza immediate.

Latte e cibo terapeutici vengono inviati attraverso l’Ospedale Governativo, ma ormai da molto tempo Il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital non riceve alcuna fornitura. Il latte terapeutico deve essere preparato con materiali di prima scelta che vengono acquistati direttamente dal nostro ospedale e l’assenza di cibo terapeutico implica che i casi gestibili anche nelle mura domestica, rimangano ricoverati in ospedale più a lungo.

Oggi il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, unica unità sanitaria che tratta la malnutrizione clinica nel distretto di Agago, sostiene da solo la fornitura di cibo terapeutico somministrato direttamente in ospedale. Il forte aumento della malnutrizione e della malaria ha comportato un pesante carico di lavoro per l’Ospedale che si sta adoperando con tutte le sue forze per curare e salvare vite umane.

Il tuo dono, grande o piccolo che sia è essenziale. Ci aiuterà a offrire a tutti, e sempre, assistenza professionale e terapie essenziali per sopravvivere.

GRAZIE!

 

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