"Di questi giorni intensi vissuti a Kalongo porto con me un momento particolarmente toccante, uno di quei momenti che ti emozionano profondamente e rafforzano la tua consapevolezza della ragione per cui sei lì e di quello che fai.

Cerimonia di inaugurazione della sessione d’esami di giugno alla scuola di ostetricia: una bellissima festa organizzata con entusiasmo dalle studentesse e dalle tutor nonostante fossimo all’alba della prima sessione di esami, una prova importante che dovrà confermare la capacità e la competenza di queste ragazze per la futura professione di ostetrica.

Una delle esaminatrici è stata allieva della scuola di ostetricia prima di essere chiamata anche a questo ruolo e mi racconta come ha iniziato, come è stato il suo percorso di crescita umana e professionale, e come questa esperienza abbia contribuito a farla crescere non solo professionalmente. È bello ascoltarla, vederla così solare, motivata e molto professionale; un’ulteriore conferma di quanto la scuola di ostetricia di Kalongo lasci un segno indelebile su queste ragazze.

Vengono presentati i diversi gruppi di allieve, quando arriva il turno di coloro che hanno potuto contare sulla borsa di studio offerta dalla Fondazione, una di loro, giovanissima, non riesce a trattenere le lacrime. Lacrime copiose e inarrestabili che esprimono la commozione e la profonda gratitudine per l’unica opportunità che cambierà la sua vita di donna e professionista.

Nessuno di noi può restare indifferente di fronte a queste lacrime che scendono inarrestabili tra gli abbracci delle compagne. Penso a quanto sacrificio e a quanta sofferenza ci sia dietro a ogni loro successo scolastico, quanta fatica e quanto coraggio; per molte di loro la vita non è mai stata facile e ancora oggi non lo è. La maggior parte proviene da famiglie molto povere, che contano su di loro per sperare in un domani diverso.

Tornare a Kalongo, tornare alla Midwifery’s school è un’emozione che si rinnova ogni volta. Questa volta più che mai ha rafforzato in tutti noi la consapevolezza che i nostri sforzi e le nostre energie possono costruire davvero il miglior futuro possibile"

Giovanna Ambrosoli, giugno 2025

 

Kalongo, 28 maggio 2025

Vi scrivo dalla piccola ma accogliente stanza della guest house dell'ospedale di Kalongo, e posso dire con sincerità di sentirmi profondamente felice. Quando poco fa Alex Ojera, il nostro collega ugandese, mi è corso incontro sorridendo sulla pista di atterraggio, ho capito di essere nel posto giusto.

Ciò che dà senso e compiutezza al nostro lavoro, agli sforzi di tutti coloro che ci sostengono, è  proprio qui.

È inciso nella fatica quotidiana delle giovani donne e uomini che lavorano instancabilmente in ospedale, nella forza silenziosa di una comunità che non si arrende mai.

È nei piccoli gesti, nella cura quotidiana, che si costruisce qualcosa di vero e destinato a durare nel tempo. In un momento storico così ricco di criticità e notizie sconfortanti, che pongono domande a cui spesso non troviamo risposte, essere qui mi fa sentire nel posto giusto.

Stare dalla parte giusta della storia non è uno slogan. È esserci con responsabilità e consapevolezza, con coerenza e con gesti di bene concreti.

Da questa piccola stanza, penso a colui che per primo ha capito tutto questo e ha tracciato il cammino per noi senza scoraggiarsi mai, e che diceva sempre: "Dobbiamo andare avanti. C'è così tanto da fare."

Demetra Sigillo, project manager, Fondazione Ambrosoli

 

Oggi splende il sole sul monte Oret e su tutta Kalongo, questa la pillola video che Demetra ha girato dall'alto del piccolo Cessna che l'ha portata a Kalongo

CARI AMICI,
“Siamo partiti all’inizio dell’anno con molti programmi e molte speranze. Rileviamo ancora una volta come i progetti umani patiscano ilgioco di avvenimenti imprevedibili”.
Non potrei trovare parole più adatte di queste, scritte da padre Giuseppe Ambrosoli, per cominciare questa lettera. Era il novembre 1985 e l’ospedale di Kalongo stava attraversano un momento di grande incertezza e timori.
Questo 2025, per gli eventi che lo hanno segnato fino ad oggi [...]

 

Le donne in Africa sono il motore del Paese, la sua energia. Fanno il possibile per accedere all’istruzione, portano a casa stipendi che permettono a intere famiglie allargate di vivere e far studiare i figli, coltivano i campi e soprattutto non si arrendono grazie alla loro forza interiore. Ma essere donna è ancora una sfida nella sfida: se sono sempre di più quelle che cercano di riscattarsi da una condizione di svantaggio economico e sociale, gli ostacoli e le difficoltà da superare sono ancora tanti.

I tassi di fertilità in Africa sono i più alti nel mondo. Solo in Uganda ognuna ha in media 6 figli e il 15% partorisce il primo figlio tra i 15 e i 19 anni. Più di 1 donna su 5 di età compresa tra i 15 e i 49 anni ha subito un qualche tipo di violenza sessuale nel corso della sua vita e molte delle violenze sono consumate in ambiente domestico, soprattutto in aree rurali dove tasso di scolarizzazione è basso. Le violenze di genere possono avere conseguenze devastanti per la loro vita: molto spesso si ritrovano ad affrontare gravidanze indesiderate, aborti praticati in condizioni non sicure, con il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili. La condizione della donna in Uganda è quindi ancora estremamente critica.

Sono proprio le gravidanze frequenti e ravvicinate che creano problemi sanitari e sociali, specie quando non sono desiderate e avvengano in contesti di grande povertà. Un tema delicato e urgente. Se il tasso di fertilità rimarrà costante, le proiezioni delle Nazioni Unite prevedono che nel 2050 la popolazione mondiale sarà di 10,6 miliardi e, a tendenza inalterata, nel 2100 arriverà a 15,8 miliardi.

Ma sono proprio le storie di Gladys, Molly, Sida, Hellen che si sono diplomate alla Midwifery School di Kalongo, la nostra scuola di ostetricia, la testimonianza che le cose possono cambiare, che la donna che diventa auto-efficiente può superare tutti i problemi sociali contribuendo alla comunità, salvaguardano tante nuove vite.

All’ospedale di Kalongo il lavoro è donna: ostetriche, infermiere e dottoresse contribuiscono alla cura di moltissime mamme e bambini, combattendo la mortalità materno-infantile, e alla formazione delle studentesse della scuola di ostetricia. Dalla sua nascita nel 1959 alla St. Midwifery School si sono diplomate circa 1.600 ostetriche che, grazie a una formazione qualificata, hanno contribuito con professionalità alla prevenzione, alla cura delle donne non solo in Uganda, ma anche in numerosi Paesi dell’Africa sub sahariana.

Il numero di iscritte è aumentato negli anni e la media annuale di studentesse che terminano i corsi è di circa 30 per il corso di ostetriche professionali e circa 12 per il diploma di ostetriche caposala.

Oltre ad assicurare continuità medica al reparto di Maternità dell’Ospedale, la Scuola contribuisce anche allo sviluppo del ruolo sociale della donna quale importante strumento di empowerment femminile. La formazione lavora a 360° sulla figura femminile e sull’essere donne, cercando di aiutarle a diventare autonome nelle decisioni, acquisire buon senso e lucidità di pensiero non condizionato dalla figura maschile.

Investire nell’empowerment delle donne significa creare un prerequisito essenziale per la realizzazione della giustizia sociale, significa facilitare un percorso diretto verso la parità di genere, lo sradicamento della povertà e una crescita economica inclusiva, specialmente in aree del mondo remote e rurali, in cui alle avversità naturali e ambientali si aggiungono limitazioni sociali, economiche e culturali. Questa è l’eredità importante e lungimirante che padre Giuseppe Ambrosoli ci ha lasciato e per cui ha dato la vita e che oggi si legge nei sorrisi, nella forza di volontà e nell’orgoglio di tutte le studentesse della Midwifery School che sanno di poter fare la differenza.

Grazie a tutti voi che ci aiutate a realizzare i loro sogni!

Scopri di più su come sosteniamo l'empowerment femminile 

"L’Africa, ma soprattutto un posto come Kalongo, ti apre a situazioni, ambienti e storie completamente differenti dalla nostra realtà. Penso che questo faccia solo bene, perché ci stimola a trovare soluzioni con quello che abbiamo a disposizione e ad apprezzare tutto quello che abbiamo. A non sprecarlo, come spesso invece accade qui da noi.

Quando sono tornata a casa mi hanno chiesto quale sia stato il momento più emozionante. All’ospedale di Kalongo ho lavorato per lo più in sala parto: è difficile selezionare i momenti più emozionanti, dato che ogni nascita lo è. Ma il primo parto che ho fatto da sola mi è rimasto particolarmente impresso. Non solo per il fatto di essere riuscita a farcela con pochi strumenti – se penso alle tante risorse a disposizione in Italia – ma anche perché quel giorno è nata una bellissima bambina e la sua mamma ha deciso di chiamarla anche con il mio nome: Laura. È stata una grandissima emozione per me. L’Africa e la gente che la abita ti danno molto più di quello che puoi dare tu. 

Un giorno invece mi sono occupata di una madre che non riusciva a produrre latte e che nutriva il suo neonato di pochi giorni con acqua e zucchero. Qui, purtroppo, non esiste l'alternativa del latte artificiale, che è scarso e molto costoso, e nella loro cultura non è diffusa la pratica della donazione di latte materno. Le madri sono bravissime nell’allattare, perché sanno bene che è l’unica via per nutrire il loro bambino, ma nei rari casi in cui non possono farlo, la situazione diventa davvero critica per loro e soprattutto per il neonato. Un problema che dal nostro punto di vista sembra quasi inconcepibile. Fare tutto ciò che possiamo per sostenere le madri più vulnerabili diventa cruciale"

Laura Esposti, ostetrica volontaria, Ospedale di Kalongo 2024

CARI AMICI,
lo scorso giugno sono stata in Uganda per partecipare alla riunione del Consiglio di Amministrazione dell’ospedale di Kalongo.
La più importante dell’anno, con tanti punti cruciali da discutere, soluzioni da trovare, obiettivi da raggiungere in termini di cure e
servizi di assistenza ai più fragili, nonostante le risorse scarse e spesso inadeguate.

Mentre vi scrivo rivedo le immagini vivide di quei dieci giorni intensi, durante i quali ho visitato i reparti e le nuove unità mediche,
mi sono confronta con il personale ospedaliero, parlato con i pazienti e i loro famigliari. Ho accompagnato lo staff nelle attività sul territorio...

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"Abbiamo raggiunto il villaggio sobbalzando per le strade sterrate e polverose in un'ambulanza stracarica di personale dell’ospedale e di attrezzature. Giunti a destinazione, abbiamo annunciato il nostro arrivo con un impianto stereo che diffondeva musica ad alto volume per attirare il maggiore numero di persone. Ci siamo suddivisi nelle diverse postazioni, per vaccinare, distribuire farmaci e vitamine ai bambini, eseguire i test rapidi per la malaria e l’HIV.

Insieme all'ostetrica dell’ospedale, in una tipica capanna ugandese, ho visitato le donne in gravidanza. Ho somministrato loro il vaccino contro il tetano e la difterite, fornito ferro, acido folico e profilassi antimalarica.

Mi hanno spiegato che se non ci fosse questo servizio le donne dei villaggi non incontrerebbero mai nessuna ostetrica prima del parto, aumentando di molto il rischio di complicanze in gravidanza e di mortalità materna e neonatale al parto".

Francesca Bonadei, ostetrica volontaria dell'Università Statale di Milano - Bicocca, recentemente tornata in Italia dopo tre mesi trascorsi all'ospedale di Kalongo

Ogni settimana un’equipe formata da medici, infermieri e ostetriche  raggiunge i villaggi più lontani per curare bambini, donne e uomini, e diffondere importanti messaggi sulla salute. Producendo un impatto concreto, positivo e a lungo termine sulle comunità più svantaggiate.

Sostieni anche tu il nostro impegno a favore dell'ospedale di Kalongo!

Insieme a te, di villaggio in villaggio, possiamo portare salute a chi vive in zone difficili da raggiungere e non ha alcuna possibilità di incontrare un medico o un'ostetrica qualificati.

CARISSIMI,
con gioia condivido con voi i risultati concreti e tangibili raggiunti insieme nel 2023 grazie all’impegno di chi,

come voi, ha scelto di camminare al nostro fianco.

Nel corso dell’anno abbiamo potuto ampliare la tipologia dei servizi medici erogati dall’ospedale, in particolare per la cura...
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“Una delle esperienze più significative a Kalongo è stato andare nelle comunità a fare le visite per le persone che vivono con HIV. Armati di tutto il necessario, insieme al personale della clinica per l’HIV, siamo andati a distribuire sul territorio le terapie antiretrovirali, a fare prelievi per la carica virale, cercando di cogliere i segni e sintomi allarmanti di altre infezioni. Questo servizio è importantissimo non solo perché evita ai pazienti più fragili di doversi muovere per chilometri e chilometri per avere accesso alle terapie, ma anche perché aiuta a ridurre lo stigma della patologia nella comunità”

Tutti i servizi territoriali, di cui scriveva solo pochi mesi fa la dr.ssa Giulia Lingua, il 6 marzo scorso sono stati fermati.

A seguito della cessazione definitiva dei finanziamenti statunitensi ai programmi di cooperazione e aiuto umanitario, l'ospedale di Kalongo ha perso fondi essenziali per la prevenzione, la diagnosi e la cura dell’HIV.

Un impatto che in cifre si traduce in circa il 20% del bilancio annuale dell’ospedale, pari a quasi 400mila euro in meno. Una decisione che avrà inevitabili conseguenze a cascata su tutti i reparti dell’ospedale.

Stiamo facendo ogni sforzo possibile per dare continuità a quei servizi che improvvisamente hanno visto mancare fondi essenziali; la nostra principale preoccupazione è riuscire a garantire la continuità di tutti i servizi sanitari, perché le risorse a disposizione dell’ospedale non sono sufficienti per tutti e l’impegno della Fondazione è già enorme.

Quotidianamente l’ospedale di Kalongo accoglie decine di donne, molte delle quali in procinto di partorire, bambini affetti da malaria, neonati fragili; donne e uomini che vivono in condizioni di estrema povertà, molti dei quali giungono in ospedale dopo aver percorso decine di chilometri a piedi (nudi) su strade sterrate. A tutti dobbiamo poter garantire assistenza tempestiva, una diagnosi certa, accesso alle cure e un ricovero adeguato. Ma alla luce dell’inaspettato taglio dei fondi USAID da parte del governo statunitense, riuscire oggi ad assicurare tutto questo non è più possibile.

Oggi più che mai abbiamo bisogno del supporto di tutti. Ogni gesto, grande o piccolo, aiuta a proteggere la salute e la vita di migliaia di persone vulnerabili. È fondamentale poter assicurare all’ospedale la presenza del personale sanitario, l'approvvigionamento di farmaci, le terapie salvavita e persino la benzina per le ambulanze che raggiungono i villaggi più remoti. In quei villaggi ci sono bambini, donne e uomini che contano sul team dell'ospedale di Kalongo pronto a prendersi cura di loro e a non farli sentire soli.

Rimanete al nostro fianco; non possiamo permettere che le decisioni di pochi spengano la speranza nel domani dei più piccoli e indifesi che oggi rischiano di non ricevere alcuna risposta ai loro bisogni vitali.

Aiutateci a sostenere l'ospedale di Kalongo.

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