Fondazione Ambrosoli celebra il 60° anniversario della Midwifery School, la scuola di ostetricia fondata a Kalongo (Nord Uganda) da Padre Giuseppe Ambrosoli, medico chirurgo e missionario, con un evento a Milano il 10 giugno al Teatro dal Verme.

Un’occasione per riportare l’attenzione, insieme ad autorevoli ospiti, sul ruolo della donna nella società, sulla crescita e autonomia professionale e sull'importanza di creare le condizioni per uno sviluppo e per un empowerment efficace per le donne, soprattutto nei contesti più difficili e la scuola di Kalongo vuole essere l'esempio che è possibile raggiungere risultati e contribuire ad aiutare un Paese a crescere.

A seguire una performance teatrale e musicale dedicata alle donne e alla maternità da Alda Marini a Mia Martini.

Dalla sua nascita nel 1959 alla Midwifery School si sono diplomate 1.460 ostetriche che, grazie a una formazione qualificata, hanno contribuito con professionalità alla prevenzione, alla cura delle donne non solo in Uganda, ma anche in numerosi Paesi dell’Africa sub sahariana.

Formare un’ostetrica in Uganda significa innanzitutto istruire una donna. Una donna istruita è una donna più sana e indipendente, capace di prendersi cura di sé, dei propri figli e della comunità. Una donna a cui è data la possibilità di esprimere il proprio potenziale e di fare la differenza per la crescita del Paese. In Uganda questa possibilità è, ancora oggi, troppo spesso preclusa alle donne.

La Fondazione Ambrosoli combatte ogni giorno per la vita, per proteggerla e garantirla. Le ostetriche della Midwifery, in un’area del pianeta che ne conta 1 ogni 13.000 abitanti, sono i veri agenti di cambiamento, capaci di fare la differenza, spesso tra la vita e la morte, per migliaia di donne e bambini ogni anno.

Si ringrazia Banco Desio per il contributo alla realizzazione dell’evento.

Ora lavoro al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital come ostetrica. Prometto di dare il mio meglio per dimostrare amore e cura a tutti i pazienti, in particolare alle mamme e ai loro piccoli. Cercherò di seguire la testimonianza d’amore e di accoglienza di padre Giuseppe Ambrosoli. Tutti noi possiamo vivere nel ricordo dei suoi insegnamenti”. Sr. Beatrice Kwena, ostetrica.

Fin da bambina, Sr. Beatrice Kwena coltiva in sé una profonda spinta religiosa e la chiara volontà di spendersi per i più bisognosi. A ventidue anni, a Gulu, diventa suora. All'interno della sua congregazione conosce Sr Carmel, direttrice della scuola di ostetricia di Kalongo. Questo incontro le cambia la vita, facendo germogliare in lei un nuovo seme: il desiderio di prendersi cura delle donne, delle mamme e dei loro bambini.

Nel 2016, grazie ad un nostro donatore che ha generosamente finanziato il suo percorso di studi, Sr. Beatrice Kwena consegue il Certificato in ostetricia, alla scuola di ostetricia di Kalongo. Da allora lavora stabilmente al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital.

Fedele all'impegno preso, sia come religiosa sia come ostetrica, Sr Beatrice non si è fermata qui ma ha scelto di proseguire gli studi e conseguire il Diploma in ostetricia. E noi abbiamo scelto di sostenerla ancora una volta, perché a Kalongo e non solo, c’è grande bisogno di lei!

Dal 1990, secondo l’OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità - stiamo assistendo a livello mondiale a un costante declino del tasso di mortalità materna e neonatale, in larga parte riconducibile alla presenza di un numero maggiore di ostetriche. Purtroppo in Uganda c’è ancora molto da fare: il tasso di mortalità materna è di 343 su 100.000 bambini nati viti (in Italia è di 3).

La maggioranza di queste morti può essere evitata con adeguate cure prenatali, il parto assistito e l’assistenza post natale; attività che ostetriche adeguatamente formate possono svolgere in piena autonomia. Le ostetriche inoltre, come donne e membri delle stesse comunità locali, svolgono un’essenziale azione di sensibilizzazione della collettività e possono farsi portavoce dei diritti delle donne. Sono agenti di cambiamento duraturo perché maturato all'interno delle comunità. Questo significa “Salvare l’Africa con l’Africa” e questo fa la St. Mary Midwifery Training School dal 1959.

Per questo non indietreggiamo di fronte all'impegno di fare di più per sostenere quest’opera così importante. Vogliamo ampliare la capacità ricettiva della scuola da un punto di vista strutturale e migliorare la qualità didattica dei percorsi formativi, accompagnando e sostenendo la scuola nel percorso di creazione del Corso di Laurea in Ostetricia, riconosciuto a livello nazionale.

Restate al nostro fianco, abbiamo bisogno del vostro aiuto per continuare a sostenere la formazione e la crescita delle donne del Nord Uganda, grazie!

L'educazione delle ragazze è tra le forze più potenti del pianeta

Melinda Gates

 

Care amiche, cari amici,

negli anni, visitando Kalongo e imparando a conoscere questo luogo così complesso ma così bello, ho capito cosa significa davvero formare un’ostetrica. In Uganda significa innanzitutto istruire una donna. Una donna istruita è una donna più sana e indipendente. Capace di prendersi cura di sé, dei propri figli e della comunità. Una donna a cui è data la possibilità di esprimere il proprio potenziale e di fare la differenza per la crescita del Paese. In Uganda questa possibilità è, ancora oggi, troppo spesso preclusa alle donne.

Padre Giuseppe è stato un uomo visionario e precursore dei tempi, convinto fin da subito di quanto fosse imprescindibile investire nella salute e nella formazione delle donne per riuscire a garantire una vita migliore a centinaia di migliaia di persone, in particolare ai  più vulnerabili.Aveva compreso che provvedere all'educazione e alla formazione femminile, rappresentava un modello concreto e sostenibile per la crescita di un Paese. Immaginare tutto questo 60 anni fa e realizzarlo dal nulla nel mezzo dell’Africa equatoriale è stato ed è qualcosa di straordinario ancora oggi.

Il sogno di padre Giuseppe è oggi qui davanti a me, davanti a noi.Dal primo mattone della scuola di ostetricia, posato nel 1959 dopo soli due anni dalla creazione dell’ospedale, sono uscite diplomate da questa istituzione d’eccellenza più di 1.300 ostetriche.

A Kalongo ci battiamo ogni giorno per la vita. Per proteggerla e garantirla.  E le “nostre” ostetriche, in un’area del pianeta che ne conta una ogni 13.000 abitanti, sono lo strumento più potente su cui possiamo contare.  Sono i veri agenti di cambiamento, capaci di fare la differenza, spesso tra la vita e la morte, per migliaia di donne e bambini ogni anno..

Per questo ci battiamo con tutte le nostre forze per sostenere l’attività di formazione della scuola.

I nostri obiettivi per i prossimi anni sono ambiziosi.

Vogliamo ampliare la capacità ricettiva della scuola da un punto di vista strutturale e migliorare la qualità didattica dei percorsi formativi, accompagnando e sostenendo la Scuola nel percorso di creazione del Corso di Laurea in Ostetricia, riconosciuto a livello nazionale.

E’ un progetto in cui crediamo molto, perché siamo convinti - oggi più che mai - che investire nell'educazione femminile di qualità sia la chiave di accesso a un futuro di crescita sostenibile e di sviluppo umano e sociale, non solo del continente Africano ma del mondo intero. Un disegno coraggioso, che potremo realizzare solo insieme a chi, con fiducia e passione, ci sostiene. Avremo bisogno di voi e del vostro aiuto.

Grazie per essere al nostro fianco.

Giovanna Ambrosoli

Il mio primo incontro con l’Africa è avvenuto sui banchi del liceo, quando il nostro professore di religione, Don Tullio Contiero condivideva con noi la sua esperienza al rientro dalle sue missioni in Uganda, mostrandoci le foto di bambini, donne e villaggi.

 Ho sempre saputo fin da piccola di voler diventare medico, magari non di diventare chirurgo urologo. Con questa visione coltivavo un sogno durante la mia giovinezza: collaborare nei due grandi ospedali africani, che per me rappresentavano il massimo dell’ideale dell’aiuto agli altri. Uno era l’ospedale di Lambarenè del dott. Albert Schweitzer e l’altro l’ospedale di Padre Ambrosoli a Kalongo.

A distanza di anni, divenuta un chirurgo più esperto, il seme lanciato da Don Contiero ha dato i suoi frutti. Grazie ad incontri favorevoli, sono partita nel 1997 con altri colleghi per una missione a Sololo, uno sperduto villaggio del Kenia al confine con l’Etiopia. Successivamente altre missioni per l’Africa fino a quando ho incontrato a Bologna la dott.ssa Giovanna Ambrosoli e mi sono proposta come urologa per una missione a Kalongo. Qui ho capito che il ciclo del destino si compiva nuovamente, dandomi la possibilità di lavorare in uno degli ospedali d’Africa, mito della mia adolescenza. Ed in questo mio sogno ho coinvolto anche Anastasia (detta Wanda) amica e collega radiologa.

 Ormai in pensione, abbiamo deciso di fare questa esperienza in Uganda, nel villaggio dove molti anni fa un italiano, Padre Giuseppe Ambrosoli, aveva costruito questo piccolo ospedale, sviluppato ulteriormente negli anni successivi, ed ancora funzionante malgrado 20 anni di guerra civile.

 Il concetto di ospedalizzazione, al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, è piuttosto ampio, in quanto il malato non viene ricoverato da solo, ma è accompagnato da tutta la famiglia che gli resta vicino per il tempo della degenza. Si vedevano, perciò, intere famiglie, giunte a piedi dai villaggi vicini, per accompagnare il loro congiunto e poi rimare in ospedale in aree a loro predisposte, dove potevano cucinare e provvedere ai bisogni del nucleo familiare, compresa l’igiene personale ed il bucato.

La mattina, infatti, sui rami degli alberi o sui grandi cespugli venivano stesi indumenti colorati ad asciugare al sole, per indicare l’operosità delle donne, sempre pronte a sostenere la famiglia in ogni situazione. La famiglia unita affronta la malattia insieme al paziente che riceve così sostegno ed incoraggiamento alla guarigione, senza sentirsi solo in questo percorso.  Percorrevamo più volte durante il giorno le aree aperte dove soggiornavano i parenti dei pazienti, sentendoci osservate da occhi curiosi o sorridenti, a volte assenti che si animavano subito al saluto nella loro lingua Acholi: ” Apoio”. In certi momenti pensavamo di disturbare la loro vita, di non capire perfettamente quello che volevano comunicare, né la loro mentalità, sentendo l’imbarazzo di essere privilegiati in questo mondo, al contrario di loro.

Ci informammo sulle abitudini del villaggio e sul ruolo della donna nella comunità. Il miglioramento delle condizioni umane, in qualsiasi angolo del globo terrestre, richiede un lungo periodo di tempo ed un cambiamento della mentalità. Dovrà necessariamente iniziare col rispetto della donna che ancora manca in questa area geografica, come in altre. Saranno proprio le donne che porteranno avanti il Paese, impegnandosi a debellare la corruzione e l’ingiustizia sociale, lavorando come fanno da sempre, per crescere i figli e per l’economia della famiglia e quindi della popolazione.

Questa fiducia nelle donne si alimentava nel vedere il comportamento in ambito sanitario delle dottoresse e delle infermiere.

Osservare in prima fila la giovane dottoressa ugandese alle 8,30 del mattino, dopo la notte passata di guardia, pronta ed attiva al meeting sull'uso degli antibiotici, faceva ben sperare. Dimostrava, oltre alla buona volontà, che aveva compreso le difficoltà e gli ostacoli del lavoro quotidiano, ma non la spaventavano: la fierezza dei suoi occhi era l’arma vincente!”

Giovedì 4 aprile è stato presentato presso l’Ambasciata Italiana di Kampala il libro “Chiamatemi Giuseppe”.

Oggi grazie al contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale il libro è disponibile anche nella versione in lingua inglese, “Call me Giuseppe”.

“Padre Giuseppe Ambrosoli è forse il più significativo esempio dell’amicizia italo-ugandese. Un uomo che si è dedicato con enorme generosità al popolo Acholi, la ‘sua gente’. Fino all'estremo sacrificio. Ancora oggi, a più di trent'anni dalla sua scomparsa, la sua memoria è vivissima in Uganda, tanto presso le comunità locali quanto tra la collettività italiana. Il libro “Chiamatemi Giuseppe” è una splendida storia umana, un viaggio attraverso la vita di questo straordinario uomo e una riflessione sull’eredità che ci ha lasciato”, ha commentato S.E. Domenico Fornara, Ambasciatore in Uganda durante l’evento.

Nella cornice della Sua residenza, insieme a S.E. l’Ambasciatore Fornara e a Giovanna Ambrosoli, Presidente della Fondazione, al direttore dell’ospedale di Kalongo Godfrey Smart Okot e alla direttrice della scuola Sister Carmel, sono intervenuti tanti illustri ospiti per ricordare Padre Giuseppe e soprattutto quello che ha fatto in questa terra: dal Ministro dei Rifugiati On. Hilary Onek, a Monsignor Matthew Odong, vicario generale dell’Arcidiocesi di Gulu.

Durante la presentazione, sono state condivise esperienze di vita vera e spirituale che il ricordo e l’insegnamento di Padre Giuseppe ha lasciato, con un pubblico numeroso che annoverava altri ospiti illustri come ad esempio l’Ambasciatore tedesco, il Console onorario spagnolo, il già Sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Sen. Alfredo Mantica e i due calciatori Simone Perrotta e Damiano Tommasi e tanti altri “amici di Kalongo”.

Un ringraziamento particolare all’Ambasciatore che ha sempre supportato e seguito il Dr Ambrosoli Hospital a Kalongo e l’impegno quotidiano della Fondazione e che con questa iniziativa ha voluto dare un tributo a Padre Giuseppe in Uganda, in quel Paese da lui tanto amato e a cui ha dedicato la sua vita.

Queste le testimonianze di chi è intervenuto all’evento.

"Padre Ambrosoli è un dono di Dio per il popolo di Acholi: ha toccato così tante vite, non solo a Kalongo, ma in tutto il nord dell'Uganda, ha lasciato un segno e se c'è qualcuno da canonizzare dovrebbe essere lui. Ricordo che nel 1967, durante una vacanza presi una polmonite, con un forte dolore che mi lacerava il petto, mi fu così consigliato di andare da padre Ambrosoli. Quando arrivai mi toccò la testa, iniziò a pregare per me, mi diede alcune medicine e mi disse ‘Tu starai bene’.  Sentii immediatamente una sensazione molto fredda attraversare il mio corpo, il dolore sparì e non torno mai più. Sono onorato di essere qui oggi a celebrare un tributo per Padre Giuseppe”.

On. Hilary Onek, Ministro per i Rifugiati in Uganda

“La scuola di ostetricia è veramente la grande eredità che ci ha lasciato Padre Giuseppe. Io lo chiamo ‘il creatore di miracoli’ perché nel momento difficile e terribile della guerra dove molti studentesse di altre scuole cadevano in imboscate, le nostre si sono tutte salvate e questo è stato per noi un vero miracolo. Padre Giuseppe è stato un ottimo tutor perché ogni volta che poteva insegnare alle studentesse e dedicarsi a loro, esse passavano gli esami e raggiungevano il loro futuro di speranza. Ma è stato anche un grande visionario, diceva sempre ‘se non comincio e non porto avanti la scuola di ostetricia, il mio lavoro non potrà continuare. Saranno proprio queste giovani donne a portare avanti il mio progetto per questo Paese’. Oggi, la St Mary ha contribuito alla crescita di 3 scuole di ostetricia a Matany, a Kitgum e Lacor: qui tutte le tutors provengono dalla nostra scuola di Kalongo. Questo è il sogno di Padre Giuseppe che si è realizzato”.

 Sr Carmel Abwot, direttrice della St Mary Midwifery School di Kalongo

 “Il nome di Padre Giuseppe è forse più conosciuto nella regione Acholi che in Italia. A quei tempi qui molti erano diffidenti con i medici ma lui è riuscito a conquistare la loro fiducia. Alcuni pazienti che erano stati visitati da altri medici nascondevano le prescrizioni dei medici precedenti per rifare la fila e poter avere l’attenzione di Padre Giuseppe. Anche io sono stato una ‘vittima’ di questo sistema: quando la mia malattia non migliorava, ho pensato ‘beh dovrò fare anche io così per essere ricevuto da lui!’. Se oggi sono un sacerdote è proprio grazie alla preghiera di Padre Ambrosoli Lui è stato un dono per il popolo Acholi e per tutta l’Uganda”.

Monsignor Matthew Odong vicario generale dell’Arcidiocesi di Gulu

 

Per ordinare una copia del libro scrivere a info@fondazioneambrosoli.it

Da oggi il libro che narra la storia di padre Giuseppe Ambrosoli è disponibile anche in lingua inglese, sempre più persone nel mondo potranno conoscere e scoprire la vita del medico e missionario di Kalongo che ha dedicato la sua vita agli ultimi. Un viaggio ricco e appassionante tra le storie e le testimonianza di chi lo ha incontrato nella sua vita e da allora non l’ha più dimenticato per le sue grandi capacità umane e imprenditoriali che incarnano valori oggi più che mai attuali e importanti.

In occasione della nuova edizione in lingua inglese, il libro sarà presentato a Kampala presso l’Ambasciata Italiana il prossimo 4 aprile alla presenza dell’Ambasciatore Domenico Fornara e di Giovanna Ambrosoli.

Chiamatemi Giuseppe” continua il suo viaggio anche in Italia; lo scorso 12 marzo è stato presentato a Padova presso l’Archivio Antico dell’Università.

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