Il racconto del Dr. Smart, CEO del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital.
Mentre in Occidente ci si sta lentamente preparando alla Fase 2. Il Covid19 sta dilagando in altri paesi. Sono oltre 31mila i casi totali di coronavirus registrati in Africa. Lo riferisce l'Oms. Negli ultimi 11 giorni ci sono stati rilevati 21mila nuovi casi, con una media di 600 nuovi contagi al giorno. Le vittime finora riportate sono 1.400. "Siamo lontani dalla fine della pandemia e siamo preoccupati dai trend in crescita, ad esempio in Africa", ha detto il direttore dell'Organizzazione Tedros Adhanom Ghebreyesus. È per questo che, da settimane, gli esperti di tutto il mondo hanno lanciato l’allarme: in caso di ampia diffusione del Covid-19 in Africa, si rischia una catastrofe. Umanitaria, sanitaria ed economica.
Le parole del Dr. Smart ci restituiscono la concretezza del lavoro che l’ospedale sta portando avanti oggi e del ruolo che gioca nella prevenzione della pandemia in Nord Uganda. Unica e primaria arma per combattere il dilagare della malattia.
Alla base dell'impegno che tenacemente l’ospedale porta avanti con noi, c'è la grande generosità e il grande senso di responsabilità di tantissime persone che unisce l’Italia all’ Uganda e all’Africa.
La fotografia scattata dal fotografo e amico Marco Mignani per Fondazione Ambrosoli si è classificata seconda nella categoria “Salute e Ambiente’ del concorso fotografico FOCUS: Philanthropy - Che cosa è la filantropia in Italia? che Assifero e Acri hanno organizzato a livello nazionale nell’ambito del contest europeo lanciato da DAFNE, per valorizzare l’importanza e il valore della filantropia e il lavoro delle fondazioni e degli enti filantropici di tutta Europa.
Giudicata da una giuria di esperti e dal pubblico di Facebook, la fotografia parteciperà ora alle selezioni europee.
In attesa del nuovo responso, grazie a Marco per aver colto così profondamente l’essenza della nostra realtà a Kalongo e del nostro impegno quotidiano e ad Assifero e Acri per la bella iniziativa!
Condividiamo con tutti i nostri amici la splendida fotografia di Marco Mignani.
A Kalongo, in Nord Uganda, una delle aree più povere del Paese, l’emergenza non è solo Covid 19, ma anche malaria, tubercolosi, HIV e molto altro. La sofferenza è vissuta con dignità, le paure e le emozioni in solitudine. Al Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, unico presidio ospedaliero e ancora di salvezza di un’area rurale e remota, si vive di emergenza. Il lavoro è incessante e il bisogno è grande.
La salute è un diritto, in Africa un privilegio. La Fondazione Ambrosoli lavora ogni giorno per far sì che queste due grandi imprese, l’ospedale e la sua scuola di ostetricia, continuino a svolgere la loro fondamentale opera di cura e formazione a favore dei più fragili e dimenticati, perché investire sulla salute e sull’istruzione significa investire sul futuro di un Paese.
Kevin ha quasi 4 anni. È stata ricoverata all’ospedale di Kalongo il 29 novembre 2019, ed è stata subito sottoposta al trattamento antimalarico. E’ sdraiata a letto, immobile. Il corpo rigido, i piedi e le mani flessi, le braccia stese lungo il corpo. La mamma e il papà la rinfrescano con panni bagnati senza lasciarla un attimo. Ciò che preoccupa i medici è la gravità del quadro neurologico che la malaria ha provocato: la piccola non risponde né allo stimolo verbale né a quello doloroso. Le pupille presentano una debole e lenta risposta allo stimolo luminoso.
L’ottavo giorno di trattamento la bambina risponde al tentativo dei suoi genitori di chiamarla. Apre gli occhi e li segue con lo sguardo. Nessuno può crederci! I medici a turno la chiamano e ottengono tutti la stessa risposta: Kevin apre gli occhi e li segue con lo sguardo.
Con il procedere dei giorni la rigidità si sostituisce a un corpo più morbido, più flessibile.
Il 16 dicembre, con sorpresa di tutti, Kevin si siede sul letto e inizia a sorseggiare del the caldo. Non ha ancora le forze per reggersi in piedi ma si guarda intorno e sorride. I medici della pediatria decidono di dimetterla, con la promessa di rivedersi per seguire i miglioramenti neurologici.
Accompagnata dalla mamma, Kevin è regolarmente tornata in ospedale per i controlli, fino al giorno in cui è riuscita a farlo reggendosi sulle proprie gambe, finalmente completamente guarita.
Da giugno a dicembre 2019 sono stati 5.924 i bambini accolti, curati e assistiti nel reparto pediatrico, l’80% dei quali perché affetto da malaria. Kevin è una delle tante bambine che solo grazie alla presenza del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital è stata rapidamente sottoposta al trattamento antimalarico che le ha permesso di sopravvivere e tornare ad abbracciare la propria famiglia.
Una storia a lieto fine che abbiamo scritto insieme! Grazie a quanti nei mesi scorsi hanno risposto al nostro appello per l’emergenza malaria.
Alberto Reggiori ed Enrico Regalia sono due medici che hanno trascorso tre settimane a Kalongo, affiancando in sala operatoria la responsabile del reparto la dr.ssa Carmen Orlotti e formando giovani medici ugandesi. Hanno portato dall’Italia strumenti chirurgici e materiale di consumo utili al reparto. E non solo…Enrico, grande appassionato di calcio, ha consegnato la divisa ufficiale dell’Inter allo staff dell’ospedale, che orgoglioso ha rappresentato con quelle maglie la squadra del Kalongo Hospital
Così Alberto di racconta la sua esperienza …
“La mia esperienza di medico in Uganda ha una storia di oltre 10 anni in cui ho avuto anche il grande privilegio di incontrare Padre Ambrosoli nel 1985. Per me Kalongo è sempre stato un luogo dove la fede s’incarna e s’incontra con la carità e con la professione medica. Tre esperienze che mi compiono come persona. Per non parlare della bellezza del luogo, in tutti i sensi. Anche per questo ho proposto all’amico e collega dr Enrico Regalia di accompagnarmi. Kalongo è come un’isola come un monastero che sorge nel nulla circostante. Collaborare con il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital significa collaborare con un’opera e con persone che costruiscono una civiltà nuova. La civiltà dell’amore e questo è evidente nella particolare atmosfera di serenità e di collaborazione tra persone anche molto diverse come provenienza e come ruoli.
A Kalongo è importante che qualcuno conservi il particolare carisma di Padre Giuseppe Ambrosoli, non basta essere tecnici della salute, occorre vivere la professione con carità e dedizione. Persone come Carmen vivono l’essere medico come una missione, come una vocazione.
Spero sempre di poter tornare a Kalongo contribuendo per periodi più lunghi e stabili. La Beatificazione di Padre Ambrosoli sarà sicuramente un punto di partenza per nuove e significative esperienze. Una nuova ripartenza!”
Ed Enrico risponde …
“La mia amicizia con Alberto e il fascino dei racconti della sua esperienza ugandese mi ha fatto desiderare di iniziare un percorso in cui carità e professione trovano la loro modalità di esprimersi in maniera più compiuta grazie all’esperienza di unità e vicinanza reciproca nella fede. Kalongo è gratitudine per gli incontri fatti: pur in un contesto di povertà estrema, si respira una dignità umana senza confini e questo coinvolge le persone in un progetto comune di vita più umana per tutti, nella memoria di padre Ambrosoli, presente anche ai più che non l’hanno conosciuto. Anche nei miei progetti c’è quello di ritornare per un periodo più duraturo per approfondire l'esperienza di bellezza che ho vissuto”
Dal 29 maggio 2020 ore 11.00 fino al 12 giugno ore 18.00 parte su Charity Stars l’asta benefica a favore del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital per combattere l’emergenza COVID-19
Fondazione Ambrosoli, grazie alla collaborazione con Charity Stars, partecipa alla campagna #vinciamoNOI per combattere l’emergenza sanitaria che sta colpendo l’Africa, sostenendo l’attività del Dr. Memorial Ambrosoli Hospital in nord Uganda, designato Hub Covid, centro di riferimento distrettuale per i casi sospetti e per il trattamento dei casi moderati, in un’area popolata da più di 500.000 persone e dove non esiste nessuna reale alternativa di cura.
L’allerta è altissima perché in Africa gli ospedali non hanno mezzi, strumenti e risorse per affrontare la pandemia: a Kalongo non c’è la terapia intensiva né è possibile allestirla perché servono attrezzature costose e oggi difficilmente reperibili, ma soprattutto manca il personale specializzato. E’ importantissimo evitare il contagio tra i pazienti, considerando la quasi impossibilità di effettuare tamponi e la necessità costante di assistere pazienti che soffrono di polmonite e difficoltà respiratorie dovute ad altre patologie, soprattutto nel reparto pediatrico che già oggi vede un picco di crescita dell’11% di piccoli pazienti ricoverati per polmonite e anemia.
Qui all’ospedale di Kalongo la battaglia contro il Covid19 si gioca tutta sulla prevenzione. Ogni contributo è vitale per evitare il diffondersi della pandemia in un’area che vive da sempre nell’emergenza quotidiana. Un’emergenza non solo sanitaria ma anche economica e sociale.
Un grazie a quanti hanno contribuito a donare gli oggetti per quest’asta benefica: dalla maglia storica del Milan per la finale della Coppa dei Campioni 1994, autografata da Daniele Massaro; a una giornata di shooting fotografico a cura del fotografo Marco Mignani, che ha realizzato ritratti per numerose celebrity; ad un soggiorno di un week end nella splendida cornice dell’azienda vinicola Ca’ del moro Wine Retreat , a edizioni inedite di volumi di numismatica per gli appassionati dalla biblioteca personale di Lucia Travaini, a prodotti di design, maschere africane e tanti altri splendidi oggetti. Un ringraziamento particolare ai “Centocani Branco Teatrale” per aver lanciato l’idea dell’asta, e ancora a “i Bugiardini”, alle “Foglie al vento”, al campione Filippo Tortu e all’Accademia del Panino Italiano.
#vinciamoNOI Non dimentichiamoli. Grazie per essere al nostro fianco e sostenere la nostra causa.
Dal 29 maggio 2020 ore 11.00 fino al 12 giugno ore 18.00 – Fondazione Ambrosoli con Charity Stars
Si ringrazia: Accademia del panino italiano, Centocani branco teatrale, Marina Salmon - Doxa, Foglie al vento, I Bugiardini, La Collina dei Ciliegi - Ca’ Del Moro, Marco Mignani, Lucia Travaini, Filippo Tortu Sanino Tortu e Natale Bellati
Salgono di giorno in giorno i contagi nel continente africano, questo l’allarme del direttore del Comitato internazionale della Croce Rossa per l'Africa sulle conseguenze devastanti per la popolazione che la pandemia può provocare nel continente. Anche l’Uganda non viene risparmiata nonostante le misure restrittive imposte dal governo: è salito a 61 il numero di persone affette da coronavirus, le unità di terapia intensiva sono solo 12 in tutto il Paese, con un totale di 55 posti letto
A Kalongo il personale medico e sanitario sta lavorando alacremente al piano di emergenza per fronteggiare l’epidemia con il sostegno della Fondazione e dei medici italiani rientrati in Italia; in prima linea Tito Squillaci, medico pediatra.
I principali problemi che l’ospedale si trova ad affrontare sono da un lato prevenire l’infezione degli operatori sanitari vista la scarsissima disponibilità di dispositivi di protezione individuale, dall’altra evitare il contagio tra i pazienti, considerando la quasi impossibilità di effettuare tamponi e la necessità costante di assistere pazienti che soffrono di polmonite e difficoltà respiratorie dovute ad altre patologie, soprattutto nel reparto pediatrico. Diventa cruciale garantire l’apporto di ossigeno, in quanto il numero di concentratori non è già sufficiente in condizioni normali. A Kalongo non c’è la terapia intensiva né è possibile allestirla perché servono attrezzature costose e oggi difficilmente reperibili, ma soprattutto manca il personale specializzato.
Il piano va attuato con estrema urgenza, come sottolinea il dottor Tito Squillaci, senza attendere che il primo caso giunga a Kalongo. Il virus può iniziare a diffondersi nella comunità circa 7-10 gg prima che venga rilevato il primo paziente. Al momento della prima diagnosi affidabile l’epidemia può essere già fuori controllo.
Non va dimenticato che il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital è l’unico centro di riferimento sanitario per un’area popolata da più di 500.000 persone e dove non esiste nessuna reale alternativa di cura, un’ancora di salvezza per la popolazione del distretto di Agago e dei 6 distretti confinanti.
L’ospedale di Kalongo è stato identificato come Hub Covid, centro di riferimento distrettuale per i casi sospetti e per il trattamento dei casi moderati, mentre i casi più gravi dovrebbero essere riferiti agli ospedali con letti di terapia intensiva. Il Dr. Godfrey Smart, medico chirurgo e CEO dell’ospedale, è parte della task force distrettuale per l’emergenza Covid.
Il Ministero della sanità ha inoltre stabilito un programma di outreach, che prevede da parte del tecnico di laboratorio dell’ospedale l’effettuazione del tampone a domicilio. È in fase di definizione un piano di decentralizzazione anche dell’analisi dei test, oggi esaminati centralmente dall’Uganda Virus Research Institute di Kampala per il quale l’ospedale di Kalongo diventerebbe Hub di riferimento distrettuale anche per le analisi.
L’allerta è quindi altissima, perché a differenza dei nostri ospedali che, per quanto in affanno, hanno mezzi, strumenti e risorse, l’ospedale di Kalongo la battaglia contro il Covid19 dovrà combatterla a mani nude e si giocherà tutta sulla prevenzione.
La Fondazione si sta attivando con tutti gli sforzi possibili per garantire strumenti, dispositivi di protezione e farmaci, per supportare l’ospedale e la popolazione locale; preoccupano in particolare le persone affette da malnutrizione e HIV, epatite, con un sistema immunitario molto debole e più esposte al rischio di contrarre il virus
Ogni contributo è vitale per evitare il diffondersi della pandemia in un’area che vive da sempre nell’emergenza quotidiana.
Non lasciamoli soli.
Cari amici,
il 29 novembre 2019, proprio mentre mi trovavo a Kalongo, la Santa Sede ha comunicato il riconoscimento, da parte di Papa Francesco, del miracolo avvenuto per l’intercessione di padre Giuseppe Ambrosoli. Indescrivibile la gioia di tutti noi alla notizia che da tempo attendavamo. In Uganda come in Italia l’emozione è stata davvero grande.
Così come grande è ora l’attesa per il decreto del Papa che indicherà la data e il luogo delle celebrazioni per la beatificazione, che avranno luogo in Uganda e poi a Como e a Ronago, terra natale di padre Giuseppe. A questa grande emozione si aggiungono un rinnovato senso di responsabilità e uno slancio verso il futuro dell’ospedale e della scuola. Oggi, per la fase così difficile che tutti noi stiamo vivendo, siamo ancora più consapevoli che il diritto alla salute è davvero il bene più prezioso per ognuno di noi. Sempre, ovunque.
Vogliamo custodire l’eredità di padre Giuseppe Ambrosoli a Kalongo e farci portavoce dei suoi valori e del suo esempio capace di accompagnare chi, credente o meno, ne riconosce lo straordinario carisma. Questo momento fa sentire ancora più intenso e profondo l’impegno di tutti quelli che, in Uganda come in Italia, si spendono ogni giorno per mantenere vivi l’ospedale e la scuola di ostetricia a cui padre Giuseppe ha dedicato la sua vita. Per questo oggi vogliamo illustrarvi come abbiamo utilizzato i fondi raccolti nel 2019.
Crediamo che la concretezza dei nostri risultati, unita alla trasparenza delle nostre azioni, possa fare davvero la differenza. Per tutti. Perché quello che abbiamo fatto a Kalongo lo abbiamo fatto grazie a voi. Consapevoli della complessità del momento e delle oggettive difficoltà ma forti della vostra vicinanza, non indietreggiamo nel nostro impegno: il vostro sostegno ci incoraggia e ci permette di proseguire. Perché, come diceva padre Giuseppe: “Dobbiamo andare avanti. C’è ancora così tanto da fare!”.
Giovanna Ambrosoli
"Se si considera il momento attuale, tutti questi lavori, umanamente parlando, sono una pazzia.
Ma noi non lavoriamo per il nostro interesse personale, bensì per il bene di questa nostra gente
che in ogni modo speriamo domani potrà fruire di quanto abbiamo fatto per loro"
Padre Giuseppe Ambrosoli, Kalongo 1974
In questo momento così difficile e incerto per tutti le parole di padre Giuseppe ci danno fiducia.
Sabato il Ministro della Salute Ugandese ha confermato il primo caso di Covid-19 in Uganda. Il governo ugandese ha posto misure molto restrittive per prevenire la diffusione del virus che ora si sono fatte più stringenti.
Il dott. Tito Squillaci e gli altri volontari a Kalongo sono dovuti tornare in Italia. Sappiamo che la loro partenza e la cancellazione di tutte le missioni dei medici italiani, impegnati ora nel nostro Paese nella battaglia contro il virus, avranno pesanti ripercussioni sulle attività cliniche e di formazione.
La scuola di ostetricia, come tutte le scuole in Uganda, è stata chiusa. Viviamo questa scelta obbligata con grande preoccupazione, perché la scuola è una risorsa vitale per l’ospedale. E con immensa tristezza, ripensando ai giorni bui di oltre 60 anni fa, quando padre Giuseppe, dopo l’evacuazione forzata dell’ospedale e nonostante le precarie condizioni di salute, spese fino all'ultima delle sue forze per garantire la sopravvivenza della scuola.
L’ospedale sta predisponendo un piano di emergenza ma a Kalongo terapie intensive e attrezzature adeguate ad affrontare la pandemia non ci sono. L’ospedale non può farcela da solo. Questo c’è ancora più evidente oggi, alla luce di quello che stiamo vivendo qui in Italia e del messaggio accorato che il Dott. Tito Squillaci ci ha inviato.
Abbiamo una grande responsabilità nei confronti dell’ospedale e della scuola di ostetricia e l’abbiamo nei vostri confronti perché credete nel nostro lavoro e ci sostenete.
Lavoreremo con tutte le nostre energie perché l’ospedale e la scuola continuino a operare al meglio e possano prepararsi ad affrontare l’emergenza.
Insieme possiamo farcela!
Cari amici, care amiche,
oggi, per la prima volta, sono i nostri amici di Kalongo a guardarci con apprensione per ciò che sta accadendo qui in Italia. Preoccupati per noi, per la nostra salute, per quella dei nostri familiari. Come solo gli africani sanno fare: con grande empatia e solidarietà.
Ma anche con grande calma. Consapevoli che le sfide più grandi si possono affrontare solo con senso di responsabilità, lucidità e coraggio. E soprattutto fiducia.
Per questo noi continueremo a raccontarvi di Kalongo e a rispondere alle vostre domande. Lo faremo da casa, dove ci siamo organizzati al meglio per continuare, in sicurezza, a portare avanti il nostro lavoro. Perché il nostro comune impegno per Kalongo può e deve essere portato avanti.
Ancora più consapevoli che il diritto alla salute è davvero il bene più prezioso per tutti noi. Sempre, ovunque.
Il 27 marzo sarà il trentatreesimo anniversario della morte di padre Giuseppe Ambrosoli. Nell'attesa di poter presto celebrare la sua beatificazione teniamo lo sguardo fisso sulle orme di padre Giuseppe che mai si è lasciato scoraggiare, mai ha indietreggiato, mai ha lasciato che la paura e lo sconforto avessero la meglio.
Restiamo a casa, ma ancora più vicini!